Firenze,
15 marzo 2020
SIAMO IN GUERRA!
Siamo in guerra contro un nemico invisibile e
sconosciuto. Morti, malati ed un intero Paese in quarantena. E dopo l’emergenza
sanitaria aleggia lo spettro che possa essere anche peggio: le macerie
(soprattutto economiche e sociali) saranno ovunque e le ferite degli italiani
dureranno a lungo. Una catastrofe inaspettata e senza precedenti.
E
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Il
Paese sembra piombato in un profondo oscuro abisso dal quale nessuno sa se, quando
e come ne uscirà. Come in Virus letale, il film di Wolfgang Petersen del
1995, gli italiani osservano sbalorditi ed impotenti dalle loro finestre (e attraverso
i mass media) il diffondersi nella popolazione di un misterioso e sconosciuto
morbo.
Analogamente
a quanto accade nei I Sopravvissuti, la serie televisiva britannica del 1975
di ambientazione post apocalittica, ci
sentiamo dei superstiti mentre ascoltiamo il consueto bollettino serale della
Protezione Civile che snocciola i numeri dei decessi e dei nuovi contagiati, sempre tanti ed in
crescita esponenziale.
Tutti
noi sappiamo che questa vicenda non sarà breve e che gli strascichi e le ferite
li porteremo per anni. Ma in questo momento siamo concentrati sull’emergenza
sanitaria, sul numero esponenziale delle vittime di questa inaspettata battaglia
e sui malati stipati ormai ovunque: nei nosocomi che esplodono ogni giorno di
più, negli ospedali da campo frettolosamente creati, negli alberghi convertiti in
poche ore in ricoveri per degenti e, ahimè, anche tristemente dimenticati nelle
proprie abitazioni.
Le
persone muoiono a centinaia, ogni giorno, soprattutto al Nord. Muoiono negli
ospedali, nelle tende e a casa, ma soprattutto muoiono sole e senza adeguata
assistenza medica. I medici sono impotenti di fronte ad una malattia
sconosciuta ed altamente letale.
Anche
i funerali sono stati soppressi. Chi rimane non ha neppure il tempo di piangere
i propri cari poiché deve immediatamente mettersi in quarantena ed occuparsi
della salute propria e dei familiari sopravissuti.
Dappertutto
le carceri sovraffollate esplodono dalle rivolte. Le guardie penitenziarie non
riescono ad arginare le proteste violente e i detenuti evadono. Sono di queste
ultime ore le insistenti indiscrezioni sulla risposta che lo Stato intenderebbe
dare: per contenere l’impatto devastante che avrebbe il Covid-19 all’interno
degli istituti carcerari, si vorrebbe far diminuire il numero dei detenuti ricorrendo
agli arresti domiciliari. Per alcuni di essi potrebbero essere impiegati i
braccialetti elettronici. E così una popolazione di almeno seimila persone prossimamente
potrebbe uscire dalle prigioni. Non sarà la liberazione di massa dei
prigionieri disposta solo alcuni giorni fa in Iran, ma certamente sarebbe una scelta
tale da porre molti interrogativi. E c’è già chi parla di un indulto mascherato.
Rimanendo
sul versante giustizia, nei tribunali tutte le udienze - salvo alcune ritenute
urgenti ed improrogabili - sono state rinviate in blocco.
Gli
ospedali e gli ambulatori hanno rimandato a date da destinarsi tutti gli
interventi e le visite non urgenti.
Le
attività didattiche sono state soppresse, i negozi sono stati serrati e gli
uffici sono chiusi al pubblico.
Rimangono
aperti solo gli alimentari e le farmacie. Davanti a queste poche attività ancora
consentite sono spuntate file interminabili di zombi con guanti e mascherine (almeno
i fortunati che le hanno trovate) che, distanziati di almeno un metro l’uno
dall’altro, attendono silenziosi il proprio turno. Come in ogni emergenza che
si rispetti non sono mancate scene di panico e di isteria collettiva con i supermercati presi d’assalto ed interi
scaffali svuotati.
E
poi, tutti – per decreto – “reclusi” in casa, con posti di blocco un po’ ovunque
per far rispettare le limitazioni. Certo, il divieto di “evadere” dalle proprie
abitazioni è stato posto per esigenze sanitarie, ma quando questa brutta
vicenda sarà terminata, credo che non mancheranno coloro che porranno qualche dubbio
sulla legittimità delle forti violazioni dei diritti di libertà di queste
ultime ore.
Ora
però non è certo il momento di fomentare polemiche. Se non siamo piombati in
uno scenario paragonabile a quello affrontato dai nostri nonni e bisnonni in
tempo di guerra, poco ci manca.
Anche
il consueto rissoso clima politico italiano, in poche ore, sembra cambiato. Le varie
anime del governo si muovono inaspettatamente compatte nell’affrontare questa
emergenza sanitaria, mentre le opposizioni hanno stranamente abbassato i toni.
E se non si tratta questa di unità nazionale, beh credo che gli assomigli
moltissimo.
Coraggiosamente
il Governo cerca di riacciuffare un Paese moribondo e lo fa con misure
draconiane e con provvedimenti senza precedenti, scommettendo tutto sulla
salute dei cittadini e sulla tenuta del sistema sanitario nazionale.
Ma
queste misure basteranno a salvare la vita a migliaia di italiani? Quando
l’emergenza sanitaria sarà terminata, le macerie (soprattutto economiche e
sociali) saranno ovunque e le ferite ci accompagneranno a lungo.
Credo
che l’Italia difficilmente riuscirà a pagare il costo di un Paese ormai
bloccato senza l’aiuto dell’Europa. Questo è il momento di vedere l’U.E. davvero
unita e solidale nei nostri confronti, mentre stiamo affrontando una battaglia inaspettata
e senza precedenti. Penso che proprio sulla nostra ricostruzione del post Covid-19
dovrà fondarsi veramente l’Unione Europa, altrimenti si dissolverà quel
progetto visionario dei nostri nonni a Ventotene, il sogno lungimirante di
libertà della generazione di Erasmus
e la speranza di milioni di persone di sentirsi un Popolo.
di Sonia Modi