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martedì 31 dicembre 2019

L’ANNO DEL “PAPEETE” E DI MATTEO SALVINI. MA SARA’ PROPRIO COSI’?





L’ANNO DEL “PAPEETE” E DI MATTEO SALVINI. MA SARA’ PROPRIO COSI’?

Dal “Papeete” alle “Sardine”, passando da Greta. E’ il momento di capire che cosa ci lascerà davvero in eredità questo 2019



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 così anche quest’anno se ne sta andando. Tra un po' i botti di fine anno porteranno via questo 2019. Ma prima di entrare nel 2020 fermiamoci un attimo e ripercorriamo alcuni tra i principali avvenimenti che hanno caratterizzato la scena politica e sociale di quest’anno che ci sta lasciando.
   
Certo, il primo pensiero va innanzitutto a Salvini e al “Papeete” e tuttavia il 2019 è stato molto di più. Quest’anno è stato caratterizzato dalla presenza di molti, sopratutto giovani, che hanno deciso di scendere in piazza per manifestare contro il razzismo, contro l’odio nei confronti delle minoranze e contro i cambiamenti climatici.
   
Un bel gesto spontaneo e non pilotato è stato sicuramente quello di Simone, quindicenne di Torre Maura, che nel mese di aprile da solo ha manifestato, e soprattutto argomentato, le proprie ragioni agli esponenti di Casapound e Forza Nuova. Gli esponenti delle destre estreme erano giunti da tutta Italia nella capitale per protestare contro l’arrivo di un gruppo di persone di etnia rom ospitato in una struttura di questa periferia di Roma.
   
Il giovane con il suo “non mi sta bene che no” ha risposto, con chiarezza e fermezza, alle proteste di Casapound e Forza Nuova. L’adolescente si è fatto strada tra le grida incontrollate dei vicini di casa e le manifestazioni violente dei militanti delle formazioni di estrema destra e, senza paura, ha espresso quello che tanti italiani pensano: non si può fare leva sulle paure e sull’esasperazione di chi vive nei quartieri degradati. Prendersela con le minoranze non risolve i problemi delle periferie e dei penultimi che qui vi vivono. Nessuno deve essere lasciato indietro, italiano o straniero che sia.
   
Le parole semplici di Simone hanno un valore simbolico perché espresse non da un esponente politico che non ha mai visto Roma, al di là del proprio lussuosissimo alloggio nel centro storico, o da chi si atteggia ad intellettuale di sinistra e non sa neppure dove si trovi  Torre Maura, ma da un giovane che in quella periferia degradata ci è nato e ci vive.
Nel mese di novembre, quattro amici di Bologna hanno lanciato l’idea di contrapporre al comizio della Lega organizzato al “PalaDozza” una manifestazione spontanea contro Salvini.  Il 14 novembre l’ex vice presidente del Consiglio aveva richiamato a raccolta i suoi simpatizzanti per sostenere Lucia Borgonzoni alla candidatura come presidente della regione Emilia Romagna. 
  
L’ambizione dei quattro giovani era quella di mettere assieme  seimila persone per superare la capienza massima consentita dal “PalaDozza”,  cioè 5.570 persone. Su Facebook in poche ore era diventato virale l’appello: “Seimila sardine contro Salvini. Nessuna bandiera, nessun partito, nessun insulto. Crea la tua sardina e partecipa alla prima rivoluzione ittica della storia”. 
 
E alla fine all’evento in Piazza Maggiore di “sardine” se ne sono presentate settemila, superando dunque l’obbiettivo prefissato. Il flash-mob della società civile si è rivelato un grande successo e per questo gli organizzatori hanno deciso di replicarlo in tutte le più grandi città italiane. 
  
Ed ancora una volta sono state le persone comuni coloro che hanno fornito risposte chiare alle ricette proposte dalle destre.  E così, con le sardine è nata l’idea che anche la piazza antileghista sia forte e numerosa.  In tanti possono stringersi assieme - come appunto le sardine in scatola - per manifestare che c’è anche chi non si riconosce nel clima dell’odio e della paura nei confronti del diverso professato da Matteo Salvini e dalla Lega. Ancora una volta, dunque, non sono stati solo quattro giovani a pensarla in questo modo. Anzi, questi quattro amici hanno solo espresso con semplicità quello che tanti italiani pensano.
   
Indubbiamente però il 2019 sarà ricordato per Greta Thunberg, l’attivista nota per le sue regolari manifestazioni “Fridays for future”davanti al palazzo del Parlamento di Stoccolma e per le sue parole dirette a sensibilizzare l’organo legislativo svedese alle problematiche del cambiamento climatico. La sedicenne è riuscita, in poco tempo, a coinvolgere, dapprima i giovani di tutto il mondo e subito dopo i loro genitori, sull’importanza di promuovere ed attuare politiche e comportamenti ecosostenibili.
   
Un numero sempre crescente di persone crede che sia giunto il momento di occuparsi dell’ambiente e della salute del nostro pianeta.  Dopotutto, siamo la prima generazione che sperimenta il rapido aumento delle temperature e forse siamo anche l’ultima generazione che potrà contrastare l’imminente crisi ambientale globale. Molti scienziati sostengono che il nostro pianeta sia drammaticamente vicino al punto di non ritorno. Le ondate di calore, l’aumento delle inondazioni, la siccità dilagante, le crescenti frane, lo scioglimento dei ghiacciai e l’innalzamento del livello dei mari sono chiari indicatori del cambiamento climatico in atto.
   
Con il suo “sciopero per il clima” divenuto planetario, Greta ha urlato quello che in tanti sottovoce da anni dicevano.  L’adolescente svedese si è dimostrata essere la portavoce di un pensiero diffuso. 
  
Parlando di politica, non si può disconoscere che questo sia stato l’anno di Matteo Salvini. Il protagonista di ogni avvenimento politico rilevante del 2019 è sempre stato il leader della Lega: dal caso “Diciotti”, allo scontro con le navi delle O.N.G. e, in particolare, con la capitana Carola Rackete, alla vittoria alle europee con il 34%, al “Papeete” con le cubiste danzanti sulle note dell’inno  di Mameli, al crollo del “governo gialloverde”. Salvini, nel bene e nel male, ha occupato le prime pagine di tutti i giornali ed ha invaso anche quelle dei rotocalchi. E’ stato l’uomo politico più presente sui Social Media, il più amato e il più odiato dagli italiani. Anche il nuovo governo è nato per il timore, in caso di elezioni anticipate, di una possibile vittoria dei sovranisti. 
  
Eppure se Salvini ha monopolizzato l’attenzione dei mass media, se Giuseppe Conte è riuscito a impressionare tutti con la sua capacità di passare con disinvoltura in poche ore dal presiedere un governo con la Lega ad uno con il Partito Democratico, se il P.D. ha dimostrato tutta la fragilità interna con le due scissioni di questi ultimi mesi, se Matteo Renzi pochi giorni dopo aver caldeggiato e sostenuto la nascita del nuovo esecutivo ha creato un suo soggetto politico, nessuno di questi soggetti ha lasciato un segno tale da essere considerato un’eredità fondamentale per gli anni a venire.
   
I veri protagonisti di questo 2019 sono stati proprio le persone semplici come Simone, i quattro amici di Bologna e Greta, i giovani che hanno saputo confrontarsi con gli esponenti politici, mettendoli in difficoltà.
   
In molti pensano, come l’adolescente di Torre Maura, che l’odio verso chi sta peggio non sia in grado di risolvere i problemi del Paese. Sono in molti, e non solo i quattro giovani bolognesi, a ritenere che l’immigrazione non riduca i nostri diritti. Tanti, esattamente come la sedicenne svedese, sono convinti che sia giunto il momento di affrontare in modo rapido, deciso e globale le drammatiche ed improcrastinabili sfide che l’ambiente ci pone. 
 
Questo 2019 è stato, senza alcun dubbio, l’anno della riscossa delle persone comuni, della gente senza bandiere e senza simboli. All’inizio erano in pochi, ma alla fine si sono scoperti in tanti.

di Sonia Modi
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lunedì 22 ottobre 2018

LEOPOLDA 9 - RITORNO AL FUTURO: LA RISCOSSA DI RENZI PARTE DA FIRENZE?









Firenze, 22 ottobre 2018
LEOPOLDA 9 - RITORNO AL FUTURO: LA RISCOSSA DI RENZI PARTE DA FIRENZE?
Venerdì 19, sabato 20 e domenica 21 si è tenuto a Firenze il consueto appuntamento della “Leopolda” organizzato da Matteo Renzi. Boom di partecipanti


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a “Leopolda 9 – Ritorno al Futuro” ha avuto avvio, come previsto, venerdì 19 presso la ex Stazione Leopolda. Sul palco anche la “DeLorean”, la macchina del tempo di Marty McFly, icona dell’omonimo film che dà il titolo alla edizione del 2018 della Leopolda.

Dal suo sito Internet lo stesso Renzi spiega le ragioni di questo nome: “Il titolo? Ritorno al Futuro. Perché ne abbiamo bisogno noi ma ne ha bisogno soprattutto l’Italia”.

Presentando la “Leopolda9” nella sua pagina Internet, il senatore di Scandicci aveva promesso che non sarebbe stato un appuntamento politico. In effetti, di politica si è parlato poco e del Partito Democratico quasi per nulla. Il tema del congresso, poi, non è stato neppure toccato. 

Neppure Marco Minniti - per il quale, nei giorni scorsi, si era parlato di una investitura alla candidatura come segretario nazionale – si è addentrato in merito al congresso e ai potenziali segretari. Alla stampa ha solo precisato che, per ora, lui non si candida.

Come al solito, dunque, “la Leopolda” non è risultata essere un appuntamento del Partito, bensì un grande evento mediatico che ha celebrato Renzi. Non è stata l’occasione per parlare di primarie e di segretari, ma il luogo per parlare del leader fiorentino e dei suoi progetti.

E che l’evento avesse poco a che spartire con un appuntamento politico della Sinistra italiana lo si è capito da subito, venerdì sera, quando all’apertura della “Leopolda 9” Matteo Renzi si è presentato accompagnato da un cordone di persone della scorta e della sicurezza interna, osannato come una star dello spettacolo, tra il frastuono della “musica a palla” e le grida frastornanti dei presenti. Durante questo atteso evento, Matteo Renzi non ha deluso il suo popolo. Anzi, è sempre sembrato in perfetta sintonia con i suoi militanti. 

Sul palco il leader della “Leopolda” si è presentato principalmente nel ruolo di show man, moderatore e intervistatore di personaggi noti, tra i quali Roberto Burioni, medico attivo contro le campagne no vax, Federica Angeli, giornalista nota per le sue battaglie contro la mafia di Ostia, Roberto Cingolani, “padre” di “iCub”, il “robot bambino”, e Paolo Bonolis, il noto conduttore televisivo.

Sabato pomeriggio, Ivan Scalfarotto ha presentato la novità di questa “Leopolda”: i “Comitati civici di resistenza civile”. Dalla tre giorni fiorentina sono stati invitati tutti gli italiani, soprattutto coloro che non sono impegnati in politica, a creare un comitato civico “contro la mediocrità e la banalità del Governo”.

Non si tratta di correnti interne al Partito, come ha prontamente spiegato Matteo Renzi, bensì di“ comitati per tornare al futuro e farlo di corsa prima che si abbatta sull’Italia lo tsunami causato dalla spaventosa incapacità grillo-leghista”. La gente che lavora, che risparmia, che vuole bene all’Italia - ha più volte esortato dal palco il leader della “Leopolda - deve farsi sentire e i comitati civici sono uno strumento in questa direzione.

La terminologia “Comitati civici” non è nuova ed ha un sapore cattolico ed anticomunista. Nati come una organizzazione finalizzata alla mobilitazione civico-politica dei cattolici italiani e costituiti da Luigi Gedda, vicepresidente dell’Azione Cattolica, allo scopo di impostare la campagna elettorale del 1948 in funzione anticomunista, i “comitati civici” risultarono decisivi per l’esito elettorale facendo passare i voti della Democrazia Cristiana dagli otto milioni del 1946 agli oltre dodici milioni e mezzo del 1948.

Per questo, i comitati lanciati con la “Leopolda 9” - ad una prima lettura - a molti sono sembrati essere il primo passo di Renzi e dei renziani per uscire dal Partito Democratico in vista della creazione di un nuovo partito, il “Partito di Renzi”.

Solo all’ultima giornata della kermesse, il senatore di Scandicci si è tolto la veste dello showman per rindossare quella di leader di Partito. Il Matteo fiorentino, come un fiume in piena, ha attaccato tutto e tutti: ha detto di essere vittima di una campagna d’odio senza precedenti. Ha ammonito chi sparge questo sentimento, ricordando che la storia ha sempre condannato i giacobini a finire sul patibolo. 

Renzi se l’è presa con il governo e con i suoi esponenti. Ha attaccato il presidente Giuseppe Conte, appellandolo come “premier improvvisato”, aggiungendo che mente sul suo curriculum e sul suo concorso per docente. 

Non si è certo risparmiato su Luigi Di Maio chiedendosi, dileggiandolo, perché sia tanto interessato al condono per Ischia. 

Ma ha riservato parole dure anche per Matteo Salvini: i 49 milioni ricevuti dalla Lega, ha ironizzato “il mattatore”, saranno restituiti agli italiani solo al tempo della“Leopolda 87”.

Poche ore dopo la conclusione dell’evento fiorentino non si sono fatte attendere le repliche dei due vicepresidenti del consiglio chiamati in causa. Luigi Di Maio, a “½ ora in più” condotto dalla Annunziata, sulle accuse di Renzi ha risposto che “mentre al Circo Massimo parliamo di futuro, alla Leopolda stanno parlano del movimento di 5 stelle. Mi fa piacere perché ci ha sempre portato bene”

Matteo Salvini, invece, si affida a Twitter per ribattere “al rottamatore” scrivendo: “Ma il Renzi che mi insulta e mi dà del cialtrone è lo stesso che ha governato per anni, ha massacrato gli Italiani ed è stato licenziato dagli elettori? Buona Leopolda di opposizione, ne farà altre per i prossimi vent’anni”.

Tornando a quanto si è svolto sul palco, Renzi ha proseguito attaccando Vittorio Foa definendolo “una fake news vivente” e sulle recenti accuse rivolte dal presidente della RAI agli europarlamentari del PD, vale a dire di aver ricevuto finanziamenti da George Soros; Renzi ha annunciato che Foa verrà presto denunciato per calunnia e per diffamazione.

Non è stato risparmiato neppure Beppe Grillo che, a parere del leader della Leopolda, ha fondato la sua carriera lavorando “in nero”, in spregio alla legalità. 

Duri attacchi sono stati riservati anche al fronte interno del Partito Democratico. Credendo di essere vittima di una “congiura interna”e sentendosi come Cesare pugnalato dai suoi, Renzi ha affermato che persone del suo Partito “gli hanno fatto la guerra col fuoco amico” e che le stesse se la sono presa con lui e con il suo carattere.

Rivolgendosi a loro, li ha invitati a smettere con le polemiche interne. Il “rottamatore” ferito ha ribattuto che con la personalizzazione del PD il Partito ha raggiunto il 40% e che, diversamente, con la spersonalizzazionee senza leader, il Partito Democratico ha raccolto solo il 18%. 

Renzi ha poi aggiunto che - continuando a polemizzare con gli uomini del suo Partito - queste accuse non gli erano state mosse quando questi compagni di strada facevano i ministri o ricoprivano ruoli di responsabilità, ma che, invece, gli sono state rivolte solo dopo la recente sconfitta. 

Proseguendo con questa polemica, Renzi ha promesso di usare rispetto e di offrire tutta la collaborazione possibile al nuovo segretario nazionale, diversamente da quello che, in passato, sarebbe stato il trattamento ricevuto al momento della sua vittoria alle primarie.

Ma a chi era rivolta la critica di Matteo Renzi? Forse ad Andrea Orlando, lo sfidante delle ultime primarie e l’organizzatore della minoranza di sinistra del Partito Democratico? Probabilmente a Paolo Gentiloni che, con la sua partecipazione nel corso dell’ultimo weekend alla convention di Nicola Zingaretti, ha dato motivo di pensare di non essere affatto ostile al governatore della regione Lazio in vista delle prossime primarie? Oppure a Maurizio Martina che, nonostante la settimana precedente si fosse presentato a “Piazza Grande”, iniziativa organizzata da Zingaretti, non ha partecipato alla“Leopolda”? Di certo, di nomi il leader della “Leopolda” non ne fa, quindi l’interpretazione di chi fossero i compagni che gli hanno fatto la guerra interna resta aperta a varie ipotesi.

Il senatore di Scandicci non ha risparmiato neppure i dirigenti e gli intellettuali che volevano l’accordo con i “5 Stelle”, ribattendo che la politica non è solo potere e non si riduce ad uno scambio di poltrone o di nomine. Accettare quell’accordo avrebbe cancellato la speranza che, prima o poi, i suoi sarebbero tornati a governare in futuro.

Unica pecca: sono stati rilasciati più pass di quanto la capienza della ex stazione potesse consentire. Infatti domenica mattina, già verso le 10:00, sono state chiuse le porte di accesso alla “Leopolda”. 

In questo modo sono rimaste fuori tantissime persone registrate e con pass rilasciato nei due giorni precedenti dalla organizzazione dell’evento. Molte di queste persone, nonostante la presenza del maxi schermo nell’area esterna dell’ex stazione, hanno preferito andarsene. Forse, se fossero state predisposte delle sedie anche all’esterno, si sarebbe potuto evitare questo piccolo abbandono di sostenitori.

Indubbiamente, la “Leopolda 9” ha visto una partecipazione senza precedenti rispetto alle altre edizioni. 

A dispetto di un calo di sostenitori, lento ma costante, sancito oltretutto dai diversi sondaggi elettorali, fa contrasto una crescente partecipazione popolare agli ultimi appuntamenti politici offerti dal Partito Democratico di Firenze (la Festa dell’Unità 2018, le primarie toscane e, appunto, la “Leopolda 9”) e a quello offerto dal Partito a livello nazionale (la manifestazione organizzata a Roma il 30 settembre).

Diversamente da quanto frettolosamente descritto da molti commentatori, la “Leopolda 9” non ha coinvolto solo la medio alta borghesia fiorentina. Certo, anche in questa edizione della “Leopolda” si è parlato principalmente fiorentino, ma sarebbe impreciso non raccontare che molti dei partecipanti provenivano da altre regioni e che molti di essi si sentissero più parte del PD che seguaci di Matteo Renzi.

Il popolo della “Leopolda” era indubbiamente composto da tantissimi renziani ma, tra quelli che noi dell’Altra Opinione abbiamo visto qui a Firenze, c’erano anche molte famiglie che precedentemente avevano partecipato alla manifestazione nazionale del 30 settembre.

Ed andando ad indagare più a fondo le ragioni di questa partecipazione si percepisce che il popolo del Partito Democratico si senta chiamato in prima persona a reagire alla politica di questo governo, ritenuto demagogico, improvvisato e formato da incompetenti. 

Insomma, c’è tanta voglia di opposizione a questo Esecutivo nel Paese, c’è tanto desiderio di unità della sinistra e tanta speranza di risentire parlare dei temi del lavoro, dell’ambiente e della solidarietà tra i tanti che non si riconoscono nel “Governo giallo-verde”; se solo i vertici della sinistra riuscissero ad ascoltarele richieste del suo popolo.
di Sonia Modi
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