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mercoledì 5 dicembre 2018

LA TRIADE ITALIANA



Firenze 5 dicembre  2018


LA TRIADE ITALIANA
La potentissima malavita cinese sta conquistando l’Italia e, dal nostro Paese, allunga i tentacoli sull’Europa

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l fenomeno delle infiltrazioni della mafia cinese in Italia, e in particolare nell’area di Prato, è stato analizzato magistralmente da Giorgio Sturlese Tosi nel suo libro “La Triade cinese,” presentato oggi a Firenze, nella Sala Gonfalone del Palazzo del Pegaso.

Il giornalista d’inchiesta di Mediaset e di Panorama si è finto commerciante ambulante per entrare in contatto con il mondo cinese e per raccontarci da dentro questa numerosa comunità presente nel nostro territorio.

Il libro, ricco di informazioni anche riservate e di interviste esclusive fatte agli investigatori, fa riflettere sulla pericolosa crescita esponenziale della malavita cinese nelle capitali europee.

Nonostante gli argomenti trattati nel libro aprano scenari di portata europea, l’indagine parte da un fatto di cronaca locale avvenuto nel lontano 17 giugno 2010 a Prato, quando due giovani cinesi furono trucidati in una rosticceria asiatica da quattro connazionali.

Ci sono voluti nove anni di duro lavoro della Distrettuale Antimafia di Firenze e della Procura di Prato, ma da quel regolamento di conti è emerso un retroscena che da Prato e dall’Italia ha coinvolto diverse capitali europee. 
 
All’inizio l’indagine si ampliava a svariate e diverse ipotesi di reato che tuttavia non sembravano concatenarsi fra loro. Con il tempo però omicidi, droga, prostituzione, gioco d’azzardo e usura sono risultati legati da un unico disegno criminoso. Ma le sparatorie, gli attentati incendiari e le tragiche morti all’interno dei capannoni-dormitori pratesi hanno fatto emergere anche un giro di affari milionario, con decine di ramificazione in tutta Europa; dalla Spagna alla Francia, passando dall’Italia e dalla Germania, fino a giungere all’Est dell’Europa. 

Il 17 gennaio di questo anno poi, dopo otto anni di indagini, è scattata l’operazione “China Truck”, la più grande inchiesta contro la criminalità cinese mai effettuata in Italia, indagine che ha portato all’arresto oltre che di trentatre persone, anche di quello che viene considerato il “capo dei capi cinese”.
 
L’autore ci descrive il mondo cinese che ha scoperto essere composto da anziani che non sanno parlare italiano, che temono profondamente i clan provenienti dalla madrepatria e che, quando sono vittime di reato, non hanno nemmeno il coraggio, o forse neppure la cultura, di rivolgersi alle forze dell’ordine. 

Ma è anche un mondo dove i giovani appaiono profondamente diversi. I cinesi della nuova generazione hanno un’altra mentalità: parlano i nostri dialetti, tifano per le nostre squadre di calcio, pagano le tasse e non hanno paura di ricorrere alla giustizia per vedere tutelati i propri diritti. Bisogna – dice Sturlese Tosi – puntare su di loro.

di Sonia Modi
Riproduzione vietata

venerdì 3 agosto 2018

DA BANCA ETRURIA AL PRESUNTO “TESORIERE” DI MATTEO MESSINA DENARO FINANZIAMENTI SOSPETTI



Arezzo, 3 agosto 2018

DA BANCA ETRURIA AL PRESUNTO “TESORIERE” DI MATTEO MESSINA DENARO FINANZIAMENTI SOSPETTI

Sotto esame un finanziamento di un milione e mezzo di euro concesso da Banca Etruria a Giovanni Savalle, l’imprenditore accusato di essere vicino al boss siciliano latitante



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iovanni Savalle – ragioniere iscritto all’albo dei commercialisti e imprenditore alberghiero – è stato accusato dalla DDA della Procura di Palermo di gestire il patrimonio del boss Matteo Messina Denaro. Gli è stato sequestratoun patrimonio di sessanta milioni di euro.


Per gli investigatori finora, nell’ambito delle inchieste su Cosa Nostra,sarebbe stato una sorta di “signor nessuno”, nonostanteavrebbe alcuni precedenti penali (bancarotta fraudolenta, evasione fiscale, truffa in danno dell’UE ed altri reatieconomici e fallimentari) e una indagine della Procura di Torre Annunziata relativa ad appalti “pilotati” nell’ambito di lavori di recupero e di restauro dell’area archeologica di Pompei, affidati a società che sarebbero a lui riconducibili.


Gli inquirenti siciliani hanno poi precisato che Savalle avrebbe goduto dell’appoggio di influenti esponenti delle cosche mafiose, come il cognato di Messina Denaro, Filippo Guttadauro.


Fabio Bottino – comandante del primo reparto dei Ros – ha inoltre evidenziato che “l’imprenditore per anni ha sfruttato le conoscenze con esponenti mafiosi di rilievo” e “questi rapporti hannoconsentito di qualificare la pericolosità sociale e l’ipotesi che i beni sequestrati siano frutto di attività delittuose dell’organizzazione criminale”.


Dalle indagini sarebbe poi emerso che Savalle ebbe nel 2006 un finanziamento di un milione e mezzo di euro dalla Banca Etruria, in un periodo in cui le aziende del suo gruppo Sicily Houseerano già prossime al fallimento.


Stando agli inquirenti della DDA, si sospetterebberoanche rapporti privilegiati con Alberto Rigotti, imprenditore trentino dalle mille attività e, fino al 2009, membro del consiglio di amministrazione della banca aretina.


Danilo Persano -colonnello del Gico della Guardia di Finanza - ha precisato che il Rigotti e Savalle avrebbero avuto un rapporto privilegiato tale da far ottenere al secondo “un finanziamento che nessuno altro avrebbe ottenuto”.


Per gli investigatori siciliani, Rigotti avrebbe indotto il consiglio di amministrazionee il collegio sindacale a concedere un prestito a Savalle, nonostante che le sue società stessero in uno stato prossimo al fallimento, tant’è che “Savalle portò in Banca due scatole vuote e ottenne lo stesso il mutuo”.


Aggiungono poi che Alberto Rigotti, per questa stessa vicenda, sarebbe già stato incriminato per bancarotta fraudolenta dalla Procura di Arezzo.


di Sonia Modi

Riproduzione vietata