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TERZA EDIZIONE DELLA FESTA FOGLIANTE - L’ottimismo:
l’unica ricetta per superare questo momento
complicato per il Paese e per accantonare questo lungo periodo di crisi globale
“Festa dell’Ottimismo”: un’altra giornata organizzata
da Il
Foglio, densa di dibattiti con grandi
nomi del panorama politico, culturale ed economico del Paese, nel suggestivo
scenario del Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio
O
|
rmai,
quella della “Festa dell’Ottimismo” è un appuntamento fisso ed atteso
dell’autunno fiorentino. Giunta alla sua terza edizione, la “Festa Fogliante” è
in grado di suscitare ancora interesse negli ospiti e nel panorama politico del
Paese. Rimane l’occasione per dialogare del futuro dell’Italia e dell’Europa,
senza farsi vincere dal pessimismo o dal disfattismo.
In
un sabato vicino alle feste natalizie molti hanno deciso di non andare per
mercatini e centri commerciali, ma di venire in Palazzo Vecchio ad ascoltare
chi ci spiega come affrontare questo lungo periodo di crisi globale.
La
domanda che aleggia nel Salone più celebre di Firenze è sempre quella: come si
fa ad essere ottimisti in un momento storico in cui il pessimismo ci assale e
la paura ci domina? Eppure, se si riflette e si usa la ragione, l’ottimismo rimane
sempre l’unico modo per guardare la realtà. E anche nel corso di questa
edizione della “Festa dell’Ottimismo” lo si è capito bene: pensare positivo
rimane l’unica ricetta per superare questo momento complicato per il Paese.
Uno
degli interventi più attesi della mattina è stato sicuramente quello di Paolo Gentiloni Silveri, recentemente
nominato commissario europeo agli Affari economici e monetari. Per l’ex
presidente del Consiglio - intervistato da Claudio Cerasa - l’ottimismo non
deve escludere il realismo; così Gentiloni ha lanciato uno spunto di
riflessione agli ospiti della “Festa Fogliante”: se è vero che i sovranisti
sono minoritari nel Parlamento europeo, è altrettanto vero che considerarli
ininfluenti nel panorama politico fa correre il rischio di sottovalutarli.
Essere ottimisti, insomma non basta. Serve qualcosa in più, “serve la convinzione delle nostre
potenzialità”. E proprio l’Unione Europea può essere il vero argine al
pessimismo. “L’Europa è indiscutibilmente
il primo attore globale che oggi può battersi per le cose che contano e ci
stanno a cuore”, come lo stato sociale, la parità di genere, la sfida
ambientale.
Anche
Paolo Gentiloni non si è potuto sottrarre dal commentare il fenomeno più
discusso di questi giorni, cioè quello delle “Sardine”, definendolo come un’offerta
contro il populismo, la degenerazione politica e contro alcune forme di odio.
Altro
intervento che ha suscitato molto interesse negli ospiti della “Festa
dell’Ottimismo” è stato sicuramente quello del segretario generale della
C.G.I.L. Maurizio Landini. Il suo discorso
è stato principalmente concentrato sulla questione dell’Ilva, sulla necessità
di salvare 20.000 posti di lavoro e sull’importanza di rimanere un Paese
industriale e competitivo.
E
come al suo solito Landini è stato molto chiaro e non ha espresso dubbi su un
aspetto fondamentale della questione di Taranto, cioè sullo scudo penale. Senza
incertezze ha manifestato la necessità di ripristinarlo aggiungendo che: “chi deve fare investimenti ne ha bisogno. Va
ripristinato. E’ stato un errore rimuoverlo e i partiti che lo hanno fatto
hanno commesso un errore”. Il segretario della C.G.I.L. ha ammesso che “in questi mesi Mittal non ha lavorato per
rispettare l’accordo, ma per
andarsene”.
Il
ministro dell’Interno Luciana Lamorgese
ha innanzitutto mandato un messaggio a Matteo Salvini, ribadendo che non c’è
nessuna emergenza immigrazione. Non ha nascosto che l’obiettivo è rendere i
territori più sicuri in termine di percezione. Ha poi aggiunto che la sicurezza
passa dalle piccole cose, come l’illuminazione delle strade.
L’intervento
di David Sassoli - neo presidente
del Parlamento europeo - è stato tutto incentrato, come era prevedibile,
sull’Europa. Si è soffermato sulla priorità di riformare il trattato di Dublino,
evidenziando come la questione degli sbarchi sia una questione europea.
Interessante
è stato l’ultimo intervento della mattinata di David Ermini, vicepresidente del Consiglio Superiore della
Magistratura. Ha parlato della ferita profonda subita dal C.S.M. a seguito
dello scandalo di questa estate delle nomine, della vicenda dei 251 magistrati,
vincitori del concorso bandito nel 2017, che ancora attendono il decreto di
nomina, del caso dell’Ilva e del contrasto tra le due procure. Non si è sottratto
neppure alle domande sulla riforma della prescrizione che entrerà in vigore il
1° gennaio, ricordando che il Consiglio Superiore della Magistratura ha già
chiarito che: “sospendere la prescrizione
senza certezza sull’effettiva accelerazione dei procedimenti sarebbe un errore
tecnico”.
Indubbiamente
gli ospiti più attesi del pomeriggio sono stati Calenda e Renzi, i due
personaggi politici che recentemente hanno formato due partiti -
rispettivamente “Azione” e “Italia Viva” - uscendo dal Partito Democratico.
Carlo Calenda, intervistato da Salvatore Merlo, al
suo primo evento pubblico dopo la nascita del suo soggetto politico, non ha
perso l’occasione di differenziarsi dalla scelta del P.D. di formare il governo
con i Cinque Stelle. Ha accusato il Partito Democratico di avere, ad un certo
punto, “cominciato a dire che i grillini
erano fantastici e che Conte II era discontinuo rispetto al Conte”.
Che
Calenda non abbia mai amato la maggioranza “giallorossa” non è una novità per
nessuno, così come non sorprendono i giudizi forti nei confronti di Salvini e
degli esponenti dei Cinque Stelle.
In
relazione al leader della Lega, l’ex ministro dello Sviluppo economico dei
governi Renzi e Gentiloni, ha commentato che: “se noi pensiamo che un bullo in mutande al “Papeete” sia un pericolo,
siamo preoccupati di cose che non esistono. Io credo che Salvini sia un
incapace cronico, che intercetta l’odio e lo gestisce in modo spregiudicato”.
Ha aggiunto poi che: “persone riformiste
serie di questo Paese si sono convinte che si poteva sconfiggere il bullo del “Papeete”.
Ma così lui vincerà sempre”.
Con
riguardo alla Lezzi e a Toninelli ha brevemente commentato che questi, “in un altro Paese, farebbero un altro
lavoro. Qui sono al governo, ma il problema è chi gli va dietro. Questi stanno
governando con i voti del P.D. e dei riformisti italiani”.
E’
chiara la posizione del leader di
“Azione”: populisti e sovranisti sono simili, “della stessa razza“ perciò “vanno
combattuti e non certo lusingati”.
Matteo Renzi, invece, è stato intervistato dal
direttore Claudio Cerasa. Ha parlato innanzitutto di “Italia Viva”, del futuro
del nuovo soggetto politico da lui fondato, della speranza di “arrivare alle prossime elezioni facendo
quello che ha fatto Macron in Francia”.
Renzi
si è soffermato anche sul populismo e sul come questo fenomeno, ormai dilagante
in tutto il mondo, abbia colori diversi. Si è dilungato su Matteo Salvini e sul
“Papeete”, aggiungendo che la scommessa del l’ex vicepremier è, a suo parere, quella di rivestire i panni del leader della destra europea.
Ha
espresso poi giudizi decisamente negativi sulle due riforme simbolo del
precedente governo “gialloverde”. Ha definito il reddito di cittadinanza “diseducativo” in quanto abitua a vivere di sussidi, senza lavorare. Ha
aggiunto poi che nessuno fino ad oggi ha ancora trovato un’occupazione grazie a
questo progetto. Ancora peggio è stato il giudizio sulla cosiddetta “quota
100”: ha puntualizzato che questa riforma consente a 150 mila persone di andare
in pensione gravando sulle casse dello Stato per 20 miliardi.
Parlando
anche di giustizia e di prescrizione, si è apertamente schierato
orgogliosamente dalla parte della civiltà giuridica descritta e propugnata da
Cesare Beccaria, e non certamente da quanti difendono il giustizialismo. Ha
ammonito che il nostro Paese deve diventare civile e ha al riguardo aggiunto
che “non c’è nessuna legge che ci fa
diventare civili”.
In
conclusione, da questa “Giornata dell’Ottimismo” fiorentina, si può essere fiduciosi
sull’Italia. Ed anche se la paura ci assale, l’incompetenza ci blocca e la
crisi economica ci soffoca, la stagione del pessimismo può terminare. È
indispensabile però guardare al futuro con ottimismo e sfruttare le mille occasioni
che il domani ci può riservare. Il futuro è una miniera di opportunità, ma è
necessario dimenticare il qualunquismo, lo scetticismo e il vittimismo.
Il
pessimismo lo dobbiamo accantonare, non solo perché l’ottimismo è sempre il
migliore strumento per affrontare le sfide quotidiane, ma anche e soprattutto
perché siamo una popolazione che ha straordinarie potenzialità, ha grandi
risorse, umane e culturali, e perché siamo un Paese apprezzato all’estero.
Dunque, cari italiani, è possibile combattere e vincere l’immobilismo italiano,
ed è possibile farlo solo attraverso un unico “vaccino”: l’ottimismo!
di Sonia Modi