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lunedì 14 settembre 2020

PRIMO GIORNO DI SCUOLA IN MEZZO AD UNA PANDEMIA: LA SFIDA DECISIVA PER LA RIPARTENZA DELL’ITALIA


Articolo pubblicato su:


https://www.linkiesta.it/author/sonia-modi/

https://www.linkiesta.it/blog/2020/09/primo-giorno-di-scuola-in-mezzo-ad-una-pandemia-la-sfida-decisiva-per-la-ripartenza-dellitalia/

 

Firenze, 14 settembre 2020

PRIMO GIORNO DI SCUOLA IN MEZZO AD UNA PANDEMIA: LA SFIDA DECISIVA PER LA RIPARTENZA DELL’ITALIA

 

Le scuole riaprono dopo sei mesi; e così - tra orari scaglionati, gel disinfettante all’ingresso, nastro adesivo in terra per facilitare il distanziamento sociale, mascherine, plexiglas, banchi nuovi e altre controverse e macchinose procedure pensate in queste ultime settimane - i nostri ragazzi oggi sono finalmente tornati nelle loro classi

 
 

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ronti? Via! E così un altro anno scolastico è ripartito. Ma oltre alle consuete aspettative, speranze e preoccupazioni che accompagnano ogni inizio di anno scolastico, questo 2020 porterà inevitabilmente con sé anche incognite, timori ed incertezze collegate alla presenza del Coronavirus.

Dopo sei mesi lontani dai banchi di scuola - tra orari scaglionati, gel disinfettante all’ingresso, nastro adesivo in terra per facilitare il distanziamento sociale, mascherine, plexiglas, banchi nuovi - gli studenti sono finalmente ritornati in classe. Tutti gli istituti scolastici da oggi si sono dovuti confrontare con nuove regole, controverse e macchinose procedure pensate in queste ultime settimane per consentire ai nostri ragazzi di rientrare nelle loro classi e, al contempo, evitare che lo spettro del Covid-19 possa aggirarsi nei corridoi delle scuole.

Credo sia evidente tuttavia che far ripartire la scuola in sicurezza non voglia solo dire garantire il distanziamento fisico (non sempre facile da fare rispettare, specie tra i bambini più piccoli), assicurare le mascherine e il gel igienizzante in tutti gli istituti scolastici (erogazioni comunque non scontate sempre ed ovunque e per tutto l’anno), ma significhi soprattutto impedire che i malati possano accedere ai complessi scolastici. Infatti, compito dello Stato dovrebbe essere quello di impedire l’ingresso nelle scuole dei portatori del Covid-19 ed evitare così che questi soggetti diventino moltiplicatori di infezioni per gli studenti  e per tutto il personale scolastico. Comportamenti sbagliati e regole errate potrebbero accendere dei pericolosissimi focolai e rinvigorire la diffusione del virus.

La riapertura delle scuole in mezzo ad una pandemia è forse la scommessa più grande che lo Stato italiano e gli Stati di tutto il mondo sono chiamati ad affrontare. Noi tutti ci aspettiamo che lo facciano in modo responsabile.

La questione non è di facile soluzione e nessuno ha la ricetta perfetta e, ovunque, si sperimentano le riaperture degli istituti scolastici e, contemporaneamente, si assiste a delle battute di arresto con parziali richiusure.

Va detto però che in Italia la questione della riapertura delle scuole è stata oggetto, fin dall’inizio, di forti critiche. Molti hanno accusato il Governo di aver affrontato l’intera materia come “apprendisti stregoni”, in modo caotico, con pressapochismo ed impreparazione. Tuttavia bisogna riconoscere che questa che stiamo affrontando è una situazione eccezionale, mai verificatasi prima nella storia della Repubblica. Qualche errore, specie all’inizio del contagio, è da mettere in preventivo e dovrebbe essere perdonato.

La scuola non è un’isola in mezzo all’oceano, ma anzi è uno specchio della società e, perciò, ne riflette difficoltà ed aspettative. Per questo credo che il vero problema sia quello dei comportamenti complessivi di tutti noi, anche al di fuori degli ambienti scolastici, soprattutto negli ambienti chiusi dove l’areazione è limitata e gli assembramenti sono più facili da creare.  E se, infatti, in tutti i luoghi di lavoro si studiano e si adottano forme di riaperture regolamentate con regole di condotta improntate a precise indicazioni sanitarie, nelle scuole tutto questo è più complesso da attuare.

I comportamenti dei giovani frequentatori delle aule scolastiche, infatti, sono spesso imprevedibili e potrebbero essere improntati all’imprudenza.  Le modalità di accesso negli istituti scolastici poi, caratterizzate da una forte affluenza in un arco di tempo molto limitato, rappresentano un altro elemento di pericolo. Inoltre, la secolare carenza di strumenti e di personale scolastico, che tuttavia nelle intenzioni ministeriali di quest’anno dovrebbero ricevere un notevole potenziamento, costituisce da sempre un ostacolo al regolare svolgimento della didattica.

Ad ogni modo, tra luci ed ombre, tra aspettative e preoccupazioni, oggi è una giornata importante per tutti gli studenti e le loro famiglie. Come ha ricordato il presidente Sergio Mattarella a Vo’: “l’inaugurazione dell’anno scolastico, mai come in questa occasione, ha il valore e il significato di una ripartenza per l’intera società. Lo avvertono i ragazzi, lo comprendono gli adulti”.

La riapertura delle scuole -oltre a rappresentare indubbiamente un aspetto di aiuto pratico per tutte le famiglie (soprattutto per le mamme) impegnate nelle incombenze lavorative - ha il sapore della ripartenza dell’Italia dopo mesi di sofferenze e sacrifici. Nel cuore di tutti noi la scuola assume un valore simbolico poiché è il posto dove le future generazioni crescono e si responsabilizzano, è il luogo dove il Paese costruisce il suo futuro.  

di Sonia Modi

Riproduzione vietata

venerdì 1 maggio 2020

1° MAGGIO 2020: FESTA DEL LAVORO (CHE NON C’E’)




Firenze, 1° maggio 2020

1° MAGGIO 2020: FESTA DEL LAVORO (CHE NON C’E’)

La Festa del Lavoro (rigorosamente virtuale) al tempo del coronavirus: niente cortei, nessun discorso e tanta paura per il presente



C
osì - dopo la festa della Liberazione, senza libertà, da “reclusi” - quest’anno abbiamo dovuto festeggiare anche la Festa del Lavoro, senza lavoro, con le attività commerciali e gli uffici chiusi per il lockdown.

La data di questa festa fu scelta per la prima volta a Parigi, nel lontano 1889. Fu decisa come data simbolo in ricordo delle vittime del massacro di Haymarket Square, morte solo poco tempo prima. I fatti erano avvenuti esattamente tre anni prima nell’Illinois, nell’omonima piazza di Chicago. Il primo maggio del 1886 era stato indetto uno sciopero generale per rivendicare migliori condizioni di lavoro: più sicurezza e una diminuzione dell’orario lavorativo in tutti gli Stati Uniti. Le proteste andarono avanti per giorni durante i quali, tra i tumulti e gli scontri con la polizia, trovarono la morte diversi scioperanti e centinaia rimasero feriti.

Dopo il 1889 anche altri Stati, oltre la Francia, considerarono il Primo maggio la Festa del Lavoro e dei Lavoratori e dal 1891, salvo la parentesi fascista, anche l’Italia festeggia ufficialmente questa data.

Quest’anno la Festa è caduta nel periodo di quarantena per il covid-19. L’emergenza sanitaria ha imposto festeggiamenti diversi dai consueti: nessun corteo con gli striscioni, nessun palcoscenico e, soprattutto, nessuna piazza gremita di lavoratori.

Se non fosse stato per il messaggio diramato dal Presidente Mattarella (tramite il suo sito istituzionale), per il comizio (nella forma del dibattito televisivo) dei segretari generali dei sindacati, per il “concertone” (esclusivamente trasmesso in streaming sui Social e in TV) e per qualche flash mob (virtuale, beninteso), questo Primo maggio sarebbe trascorso come un ordinario giorno di questa estenuante quarantena.
  
Quest’anno nessuno ha il coraggio di parlare di Festa del Lavoro, ma al massimo di speranza perché presto, il prima possibile, il ciclo della produzione possa riprendere il suo ordinario ritmo e i lavoratori possano ritornare alle proprie precedenti occupazioni, almeno chi può.

Una ricorrenza, dunque, che in molti hanno festeggiato nel silenzio delle proprie case, con in gola la paura di rimanere senza lavoro o con il timore di poterlo perdere a breve. Probabilmente dopo questa esperienza sanitaria molto cambierà nelle nostre vite e, certamente, molto non sarà più come prima nel mondo del lavoro.

                                                                                                                                            di Sonia Modi
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sabato 25 aprile 2020

75° ANNIVERSARIO DELLA LIBERAZIONE: INSIEME, SE PUR DISTANTI





Firenze, 25 aprile 2020



75° ANNIVERSARIO DELLA LIBERAZIONE: INSIEME, SE PUR DISTANTI

Un 25 aprile al tempo del coronavirus: virtuale e virale, tra canti dai balconi ed omaggi sui Social


uesta festa della Repubblica, per la prima volta in settantacinque anni, è stata decisamente diversa da tutte le altre: nessun corteo, nessun discorso, nessuna cerimonia, nessuna manifestazione, ma tutti i cittadini sono stati invitati dalle autorità a partecipare collegati sui Social, uniti dagli hashtag: #bellaciaoinognicasa, #iorestolibera e #iorestolibero.

Per il 25 aprile 2020 il Capo dello Stato era atteso in Toscana, ma la pandemia l’ha trattenuto lontano dalla nostra Regione. Così il Presidente è rimasto nella Capitale; nella mattina ha reso omaggio al Milite Ignoto all’Altare della Patria in una forma quasi privata. Si è recato da solo, senza autorità al seguito, né civile, né militare. In cima alla scalinata l’hanno atteso due corazzieri, mentre un trombettiere dei carabinieri ha suonato “Il Silenzio”.

Per celebrare la festa della Liberazione, le frecce tricolori dell'Aeronautica hanno sorvolato più volte Roma, con la tradizionale scia bianca, rossa e verde. Il passaggio dei caccia è stato salutato dal silenzio irreale della Capitale deserta per la quarantena.

Anche nel resto del Paese il 75simo anniversario dalla liberazione nazifascista è stato festeggiato nel pieno rispetto del lockdown: ogni fiore, ogni corona di alloro è stato deposto dalle autorità in diretta tv e rilanciato dai Social.

Ma l’emergenza sanitaria non ha certo fermato la voglia degli italiani di festeggiare. Le piazze virtuali hanno visto la loro partecipazione in massa.

Alle 14:30 si è tenuta una manifestazione virtuale, iniziata con l’”Inno di Mameli”, trasmessa in streaming dalla pagina Facebook “25 Aprile 2020-Io Resto Libero”, sulla pagina YouTube e sul sito ”25aprile2020.it”.

Lo streaming si è chiuso alle 15:00 con la canzone “Bella Ciao”, consegnando un ideale testimone all’iniziativa dell’ANPI che ha invitato gli italiani dai balconi e dalle finestre ad intonare la canzone simbolo della lotta partigiana. E in migliaia - ognuno dalla propria casa, distanti ma simbolicamente uniti - hanno risposto all’appello, cantando e sventolando il tricolore. Immancabili sono poi stati i selfie e i filmati del flash mob postati e rimbalzati per tutta la giornata sui Social.

In questo periodo in cui, per motivi non bellici ma sanitari, si sta assaporando in tutto il Paese l’amaro della privazione della libertà, il ricordo di quei periodi lontani ci è sembrato a tutti più vicino.
 
E così in molti hanno visto delle similitudini tra questo momento storico e quello del 1945. Ma forse ci sono meno punti in comune di quanto non sembri: all’epoca gli italiani, armati, si fronteggiavano gli uni contro gli altri. Adesso, invece, siamo tutti uniti contro un unico nemico: il virus.

Quello di ieri, dunque, è stato un anniversario diverso da tutti quelli precedenti: gli italiani hanno festeggiato con la liberazione nel cuore e il dolore per i morti di allora, quelli della Resistenza, e quelli attuali, cioè quelli del coronavirus.

di Sonia Modi
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