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lunedì 21 settembre 2020

#TOSCANA2020: EUGENIO GIANI, IL NUOVO “SINDACO TRA I SINDACI”




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https://www.linkiesta.it/author/sonia-modi/

https://www.linkiesta.it/blog/2020/09/toscana2020-eugenio-giani-il-nuovo-sindaco-tra-i-sindaci/

 

Firenze, 21 settembre 2020

 

#TOSCANA2020: EUGENIO GIANI, IL NUOVO “SINDACO TRA I SINDACI”

 

Nell’Election day 2020, la prima (e speriamo anche l’ultima) consultazione nell’era del Covid, l’affluenza si è rivelata inaspettatamente alta e la nostra Toscana, diventata l’Ohio italiana, è rimasta in bilico fino all’ultimo


 


Q

 uesta appena conclusa è stata una tornata elettorale davvero particolare e diversa da tutte quelle precedenti, come del resto tutto ciò che si è svolto in questo 2020.  In mezzo a questa emergenza sanitaria planetaria e dopo mesi di lockdown ed incognite, siamo finalmente andati a votare anche noi italiani.

Ovviamente il primo impegno della macchina dello Stato è stato quello di assicurare che tutte le operazioni di voto avvenissero in piena sicurezza, tutelando da possibili contagi sia il personale impiegato nei seggi, sia gli elettori. E così, a fianco delle consuete regole previste per tutte le elezioni, quest’anno è stata introdotta anche una serie di norme comportamentali sanitarie (come l’obbligo della mascherina per tutti all’interno dell’istituto scolastico, l’obbligo di disinfettarsi le mani prima e dopo il voto e il rispetto del distanziamento sociale) per scongiurare che il momento del voto potesse essere anche un’occasione di contagio.

Il secondo impegno del ministero dell’Interno è stato quello di garantire il diritto al voto anche a coloro che si trovassero in quarantena obbligatoria, perché malati di Covid, o in isolamento fiduciario, poiché entrati in contatto con un malato di coronavirus.

Nella nostra Regione sono stati circa 600 i toscani che hanno fatto richiesta del voto a domicilio, nella propria abitazione o in albergo sanitario. A Firenze, il compito delle operazioni di voto è stato affidato a personale infermieristico e medico che ha composto un seggio itinerante e distaccato del presidio di Careggi.

Contraddicendo qualsiasi previsione, gli italiani non si sono lasciati scoraggiare dalla paura del contagio e l’affluenza alla fine si è rivelata alta. Probabilmente ha prevalso il desiderio di ritorno alla normalità dopo mesi difficili.

In alcune zone di Italia, come la Toscana, si è trattata anche di un’elezione molto attesa. In sette regioni era in programma già dalla primavera scorsa il rinnovo della carica di presidente della Regione e in diverse realtà locali erano previste da mesi le elezioni degli amministratori comunali, ma a causa della pandemia tutte le consultazioni sono slittate a settembre e sono state accorpate al referendum costituzionale.

In Toscana, dunque, si è trattata di una campagna elettorale lunga e di un’attesa estenuante, che si è rivelata incerta fino all’ultimo.

La “rossa” Toscana, infatti, è sembrata ad un certo punto contendibile per la Lega di Matteo Salvini e per la destra italiana. Tuttavia, il sogno di espugnare il fortino del Granducato si è rivelato, a spogli ultimati, solo un’illusione.

Credo che Salvini dovrebbe soffermarsi a riflettere e ad analizzare con molta attenzione la distribuzione del voto di queste elezioni nella solida roccaforte rossa. Il “Capitano” non solo non è riuscito a portare a casa la regione simbolo che più anelava, ma ha perso anche in quelle realtà, come Siena, Pistoia o Pisa, strappate alle ultime consultazioni comunali alla storica e consolidata gestione amministrativa della sinistra. La Ceccardi non ha vinto neppure a Cascina, sua città natale e luogo dove è cresciuta politicamente fino a rivestire la prestigiosa fascia di sindaco.

Eppure il leader del Carroccio per la sua “leonessa” aveva investito davvero tutto: nell’ultimo mese e mezzo si era letteralmente trasferito, assieme alla sua fedelissima “Bestia”, in Toscana, macinando ogni giorno chilometri su chilometri, percorrendola in lungo ed in largo e visitando ogni angolo, perfino quello più sperduto della Regione.

Ciò non di meno, è stato sufficiente che, negli ultimi dieci giorni di campagna elettorale, arrivasse in Toscana il leader dei DEM - uno Zingaretti fra l’altro distratto dal fuoco amico di chi attendeva solo la sconfitta in questa Regione per sostituirlo alla Segretaria - per ribaltare i risultati faticosamente ottenuti dalla Lega.

Sul versante del centro sinistra va detto che il candidato Eugenio Giani ha vinto principalmente da solo: i big nazionali si sono visti poco e solo negli ultimissimi giorni. Le “Sardine” non hanno navigato molto nelle acque toscane e alla fine hanno lasciato l’impressione di rimanere solo un fenomeno locale legato all’Emilia-Romagna. Inoltre, il neo presidente non ha neppure potuto beneficiare di un “effetto gestione dell’emergenza Covid” che in altre regioni ha premiato quei presidenti che hanno ben gestito le fasi drammatiche della pandemia che, è bene dirlo, non è stata contenuta in tutte le regioni con la stessa efficienza.

Indubbiamente però il neo presidente è stato aiutato dall’essersi inserito sulla scia del modello sanitario toscano che, meglio di tanti altri, ha saputo reggere alla pandemia e, più in generale, ha potuto ereditare mezzo secolo di sostanziale buon governo regionale degli amministratori della sinistra.

Uno dei meriti di Giani è stato quello di aver saputo sfondare nelle tre province più popolose, cioè Firenze, Prato e Livorno, le aree dove da sempre si decidono le sorti della Regione.

Almeno per ora, dunque, la Toscana resta rossa. La “sceriffa” anti immigrati non ha sfondato nella fortezza del sinistra. E se è vero che la vittoria ha molti padri, mentre la sconfitta è sempre orfana,  Susanna Ceccardi ha partecipato con dignità alla consueta conferenza stampa con la quale viene riconosciuto l’esito elettorale, assistita dalla sola presenza di Giovanni Donzelli. Matteo Salvini non se l’è sentita di supportarla nell’ultimo incontro con la stampa, nel momento più difficile, esattamente come fece nella serata della bruciante sconfitta in terra emiliana di Lucia Borgonzoni.

Vistasi respinta nel suo assalto alla roccaforte Toscana, l’ex sindaca di Cascina tornerà presto a Bruxelles, per continuare a ricoprire l’incarico di eurodeputata. Lascerà sul territorio a lottare, in una opposizione che – assicura - sarà “senza sconti”,  sette eletti della Lega, quattro di Fratelli di Italia ed uno di Forza Italia.

 

di Sonia Modi

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sabato 8 febbraio 2020

Regionali in Toscana: una partita ancora aperta




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Firenze, 8 febbraio 2020

Regionali in Toscana: una partita ancora aperta

Le Sardine sono rimaste indigeste a Salvini o la vittoria del leader sovranista è stata solo rinviata? Alla vigilia delle elezioni regionali in Toscana, cosa ci lasciano in eredità i recenti risultati elettorali dell’Emilia Romagna



E
parliamo  (ancora) di elezioni regionali. Dopo i recenti risultati delle consultazioni in Emilia Romagna e in Calabria ora si guarda alla Toscana, chiamata al voto nella prossima primavera. 

Già cominciano a circolare i primi orientamenti di voto degli elettori. Proprio in questa regione, infatti, si giocherà una delle più importanti partite tra il centrosinistra, che governa il territorio da sempre, e il centrodestra che, dopo la recente sconfitta dell’Emilia Romagna, è ancor più desideroso di scalzare il Partito Democratico dalla storica roccaforte rossa. 

La coalizione progressista toscana marcia unita e converge sul nome di Eugenio Giani - presidente uscente del Consiglio regionale e politico di lungo corso - quale candidato governatore della regione. Diversamente, il centrodestra non ha ancora ufficializzato il nome del proprio candidato. Circolano i nomi di Susanna Ceccardi, europarlamentare ed ex sindaco di Cascina, di Giovanni Donzelli, deputato eletto nel 2018 ed ex consigliere regionale, e di Antonfrancesco Vivarelli Colonna, primo cittadino di Grosseto.

Indubbiamente i risultati delle recenti consultazioni elettorali pesano (e peseranno) anche nelle prossime elezioni toscane. Il primo effetto si è già realizzato: far perdere concretezza alla nomina della leghista Ceccardi. E se la Meloni ha recentemente precisato che in Toscana non sono state ancora concordate le candidature, da ambienti di Forza Italia si incalza l’alleato Salvini precisando che non dovrà essere (più) la Lega ad indicare il nome del candidato governatore dello schieramento.

Facciamo un passo indietro e ritorniamo alle recenti consultazioni regionali. Queste ultime votazioni sono state trasformate in un vero e proprio esame per i partiti a livello nazionale e, soprattutto, per la compagine governativa. L’aspro scontro tra destra e sinistra, voluto principalmente da Salvini, ha finito per polarizzare ed accendere gli animi degli elettori della “regione rossa”.

Il leader della destra, estremizzando il messaggio politico, ha pensato, con una mossa sola, di poter conquistare l’Emilia Romagna, far diventare la Lega il primo partito della Calabria e far cadere il debole governo. Ma a spoglio ultimato è apparso evidente a tutti che la sua strategia non è stata vincente e la sua potente macchina mediatica non è stata in grado di portare a casa la presidenza della “regione rossa”, che tanti sondaggisti ed opinionisti davano già per vinta. In Calabria poi i risultati sono stati ancor più deludenti: la Lega è risultato il terzo partito, dopo il Partito Democratico e dietro, addirittura, alla resuscitata Forza Italia. La coalizione governativa, infine, ne è uscita rafforzata.

Indubbiamente, però, l’attenzione di tutti è stata rivolta verso l’Emilia Romagna. Qui il muro della sinistra ha retto brillantemente al forte urto dei sovranisti. Quel muro, va detto, non è più quello di una volta e persino nella “rossa” Emilia il partito di Zingaretti non è in grado di raggiungere i consensi di una volta.  Ciò non di meno, la vittoria di Bonaccini e del Partito Democratico è stata importante. E lo è ancor di più se questi risultati si leggono assieme a quelli ottenuti in Calabria. In questa regione i DEM sono risultati il primo partito. 
Per la prima volta, dunque, dopo diverse tornate  elettorali, il Partito Democratico è tornato a vincere una competizione elettorale. 

Quello che è uscito dalle ultime consultazioni elettorali per i DEM è, dunque, uno spiraglio per costruire l’alternativa alla destra. Insomma, prigioniero dei cespugli, delle correnti, dei ricatti e delle tattiche di corto respiro, delle minacce (promesse e realizzate) di scissioni, il PD è tornato a respirare. L’ha fatto anche grazie all’ossigeno fornitogli delle “Sardine”, un inedito moto di popolo, anti-populista e per di più formato prevalentemente da giovani. A ben vedere, questo frizzante movimento è risultato un contributo fresco per l’intera sinistra.

Sul versante della Lega invece, dopo queste ultime consultazioni regionali e i recenti sondaggi, Salvini è costretto a fare un’analisi critica della sconfitta. Tra crescenti, anche se ancora timidi, malumori provenienti dall’interno del partito (che ancora perdurano dalla debacle estiva che portò alla formazione del governo Conte II) e quelli più fermi e rumorosi degli alleati della coalizione di centrodestra (critici sia sulla candidatura della Borgonzoni che sulla conduzione della campagna elettorale),  il leader del “Papeete” dovrà quanto prima dimostrare che la scalata verso la conquista delle “regioni rosse” è solo stata rinviata e che l’ondata sovranista non si è arrestata. 

La prima occasione, dunque, sarà proprio in Toscana. Qui la Lega non può permettersi di arretrare. Per questo non può rinunciare ad un suo rappresentante come candidato governatore. In questa regione Salvini, infatti, non può perdere senza vedere fortemente ridimensionato il suo ruolo indiscusso di leadership della coalizione di centrodestra anche a livello nazionale.

di Sonia Modi
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lunedì 21 ottobre 2019

OTTOBRE 2019: E’ PARTITO DAL BINARIO DELLA STAZIONE LEOPOLDA “ITALIA VIVA”





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Firenze, 21 ottobre 2019

OTTOBRE 2019: E’ PARTITO DAL BINARIO DELLA STAZIONE LEOPOLDA “ITALIA VIVA”

“LEOPOLDA 10 - ITALIAVENTINOVE” ovvero l’anno zero di una nuova esperienza politica che punta, più che a sottrarre voti al Partito Democratico, a conquistare l’interesse di coloro che non si riconoscono più nelle attuali forze politiche



La stazione Leopolda, ultimata nel 1848, è stata la prima stazione ferroviaria costruita a Firenze. Deve il proprio nome al Granduca Leopoldo II, regnante in Toscana all’epoca dell’edificazione.
 
A quei tempi costituiva il capolinea della prima linea ferroviaria Firenze-Livorno. Ben presto, nel 1860, fu dismessa per il convergere della linea sulla stazione Maria Antonia - dedicata alla consorte del Granduca - che sorgeva negli spazi dell’attuale stazione centrale di Santa Maria Novella. Fu adattata l’anno seguente, su progetto dell’architetto Giuseppe Martelli, per ospitare la prima Esposizione Nazionale dell’Italia Unita. Oggi la Leopolda è uno spazio storico-artistico suggestivo ed unico nel suo genere, adibita a sede per incontri, congressi e varie manifestazioni.
 
Indubbiamente però nell’immaginario collettivo il nome Leopolda è legato a Matteo Renzi. Tutto incominciò nel lontano 2010, quando il giovane e rampante sindaco di Firenze lanciava provocatoriamente la “rottamazione” della vecchia classe politica. Dieci anni fa un ragazzo di Rignano insegnò all’intero polveroso e vetusto ceto politico italiano che c’era una generazione pronta a prendersi il futuro e la direzione del Paese, senza chiedere il permesso a nessuno. 
 
Nel frattempo molte cose sono cambiate e il giovane “rottamatore” fiorentino è cresciuto, ha fatto il presidente del Consiglio e, alla guida del Partito Democratico, è riuscito a farlo volare fino al 41% ma, nel giro di poco tempo, è riuscito anche a farlo sprofondare al 18%.
 
Ridotto a minoranza in un partito che a molti nel suo interno sembrava essere sordo alle richieste del ceto di centro, liberal moderato, Matteo Renzi ha deciso di fondare un suo soggetto politico, “Italia Viva”, e di lanciarlo proprio al consueto appuntamento autunnale fiorentino. 
 
Dunque, questo appena concluso è stato per la Leopolda un compleanno di cambiamento e di profondo rinnovamento. Questo è stato il primo anno fuori dal Partito Democratico, senza molti compagni di viaggio che - almeno per ora - hanno deciso di rimanere nel partito di origine.
 
Ma ascoltando le tante persone intervistate in questi tre giorni si poteva scorgerel’entusiasmo dei partecipanti per essere finalmente protagonisti attivi di una formazione politica nuova, innovativa, giovane e femminista. 
 
Tra le persone incontrate e disposte a rilasciare le proprie riflessioni a L’Altra Opinione ci sono stati Franco e Luigina, simpatizzanti di Renzi fin dal 2012, e venuti alla Leopolda da Lecco con il camper. La loro storia, la loro passione per la politica e la loro età anagrafica (settantenni) hanno commosso Maria Elena Boschi che li ha scelti per farli partecipare come volontari alla kermesse del 2019.
 
Luigina non è una militante qualsiasi: in passato è stata consigliere comunale a Lecco per il P.S.I., militando nella corrente lombardiana. Ha poi aderito, dopo lo scioglimento del Partito Socialista, al P.D.S., D.S. ed infine al P.D..
 
Nel Partito Democratico – ha precisato - non si è mai sentita a “casa propria” poiché c’era sempre chi non perdeva occasione per ricordarle le sue origini socialiste. Nel P.D. ha sempre avvertito la presenza di “tanti comunisti massimalisti”, mentre ora, in Italia Viva, si sente parte attiva di questo partito. 
 
Ma l’evoluzione politica di Luigina è comune a quella di molte altre persone di quella generazione intervistate da L’Altra Opinione e che ora, con Italia Viva, sentono di essere entrati - dopo tanti anni - in casa propria, di aver ritrovato finalmente un tetto, anzi – come ha precisato un’intervistata -  un “Castello”!
 
I giovani e i giovanissimi ascoltati da L’Altra Opinione – molti dei quali già impegnati in formazioni politiche giovanili  – sentono la politica tradizionale  troppo paternalistica. Le nuove generazioni chiedono ai politici di farli coinvolgere, superando i vecchi schemi. I Millennials vedono in Renzi un politico interessante da ascoltare poiché prospetta loro una idea di futuro per l’Italia. 
 
Tra i partecipanti a questa Leopolda c’era anche una rappresentanza di Volt Italia – il movimento politico transnazionale e progressista che propone un nuovo modo di fare politica e un approccio paneuropeo alle varie tematiche – interessati ad ascoltare le proposte concrete di questa nuova formazione politica per vedere se e come collaborare concretamente.
 
Ma le ragioni della nascita, le speranze e gli obiettivi di questo Partito sono state chiarite a L’Altra Opinione da Ada Lucia De Cesaris ex assessore all’Urbanistica e all’Edilizia Privata ed ex vicesindaco del Comune di Milano, avvocato e tra i primi a partecipare al nuovo soggetto politico -. Ha spiegato le motivazioni “molto serie e molto profonde” che hanno condotto al divorzio con il Partito Democratico e ha parlato di un progetto di futuro diverso da quello del vecchio partito di provenienza.
 
L’ex vicesindaco ha descritto Italia Viva come un partito che intende occuparsi innanzitutto di futuro, lavoro e impresa, un partito che vuole rivolgersi anche e soprattutto a tutti coloro che da troppo tempo non votano più, che  non hanno più fiducia nella politica e pensano che  la politica non possa modificare il loro futuro.
 
Si è soffermata sui tanti giovani che si sono avvicinati a questa nuova formazione politica e ha puntualizzato come Italia Viva voglia, insieme a loro, “costruire proposte e occasioni che riguardino i giovani stessi, ma anche la vita di tutti noi”.
 
Ada Lucia De Cesaris ha ricordato l’impegno che il nuovo Partito ripone nel ridurre le diseguaglianze tra donne e uomini. Non basta parlare di pari opportunità – prosegue l’ex vicesindaco - ma occorre “creare le occasioni per partire insieme e avere la possibilità di esprimere le proprie capacità, le proprie competenze e il proprio merito”
 
Sul fenomeno globale dell’immigrazione, Italia Viva ritiene che con la paura non si possa governare; l’accoglienza non può essere infinita, deve essere guidata e deve essere sempre accompagnata all’integrazione – evidenzia Ada Lucia De Cesaris - ma allo stesso tempo non si può mai perdere di vista l’umanità e la solidarietà, perché indubbiamente: “quelle persone in fondo al mare ce le abbiamo tutte dentro al cuore e se non ce le abbiamo non abbiamo capito niente”.
 
Ma è naturalmente Matteo Renzi, nel discorso di chiusura di questi tre giorni fiorentini, a tirare le fila di della Leopolda 10. Tracciando i contorni di Italia Viva nell’ambito liberale moderato dello scacchiere politico, ha fatto appello proprio a chi non crede alla “casa dei sovranisti” e chi non si riconosce neppure in una alleanza strutturale Partito Democratico-Cinque Stelle.
 
Non disconosce ed anzi rivendica di aver fatto un tratto importante di strada insieme al P.D.. E così - prosegue il leader della Leopolda -  il Partito Democratico non è un avversario di Italia Viva e, nonostante la nascita del nuovo partito, Zingaretti e Franceschini rimangono amici.
 
 Va detto che chi in questi ultimi dieci anni ha seguito tutte le Leopolde può dire come in questo luogo simbolico ci sia sempre stato lo spirito di un vento di cambiamento, diverso ed originale della politica italiana, anche quando Renzi era segretario del Partito Democratico o presidente del Consiglio. Ma, indubbiamente, questa Leopolda si è dimostrata essere diversa da tutte le altre precedenti, finalmente autonoma, non più ingabbiata all’interno di un Partito che – evidentemente - era diventato troppo “altro”. Ora, dopo il battesimo alla Leopolda, la scommessa ambiziosa di Renzi è quella di portare il neonato Partito a raggiungere un consenso a doppia cifra.

di Sonia Modi
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