Visualizzazione post con etichetta Craxi. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Craxi. Mostra tutti i post

mercoledì 16 febbraio 2022

LA STAGIONE DI TANGENTOPOLI, COSA NE RIMANE 30 ANNI DOPO





 

 

Articolo pubblicato su:

https://www.linkiesta.it/author/sonia-modi/

https://www.linkiesta.it/blog/2022/02/la-stagione-di-tangentopoli-cosa-ne-rimane-30-anni-dopo/

 

Firenze, 17 febbraio 2022

 

LA STAGIONE DI TANGENTOPOLI, COSA NE RIMANE 30 ANNI DOPO

 

La storia di una strana rivoluzione nostrale, breve, intensa, travolgente e controversa

 


C’

era una volta un Paese democratico nel quale i partiti erano arroccati al potere fin dai primi passi della Repubblica; c’era una volta un Paese schiacciato tra due blocchi - quello del “mondo del bene”, cioè gli USA, e quello del “mondo del male”, ovvero il blocco comunista dominato dall’URSS – nel quale circolava uno strano  virus chiamato “corruzione”, un virus ineluttabile che sembrava anche  inestirpabile e refrattario a qualsiasi tipo di vaccino; c’era una volta un Paese nel quale un giorno tutto ciò che pareva durare in eterno sembrò cambiare definitivamente; quel giorno era il 17 febbraio 1992 e quel Paese era l’Italia.

Ai più giovani sembrerà strano, eppure il nostro Paese ha conosciuto un’inedita stagione, travolgente e rivoluzionaria, appassionante e controversa, in cui i grandi partiti politici, assieme ai loro leader incontrastati e ai potenti manager dei maggiori gruppi imprenditoriali italiani, furono repentinamente spazzati via dal vento del cambiamento. In quegli stessi giorni la stampa internazionale raccontava questa storia descrivendola come un’epopea che avrebbe portato l’Italia finalmente in Europa.

Questa che vi sto raccontando è la storia di “Tangentopoli”, la storia curiosa del nostro Paese improvvisamente innamorato della legalità. Quella lontana fase del Paese è la stagione delle “Procure d’assalto”. L’infatuazione degli italiani, va detto, è durata molto poco. Il suono del tintinnio delle manette ci ha accompagnato esattamente per due anni, dal febbraio 1992 a fine 1993, dopodiché tutti hanno cominciato a pensare che l’Italia fosse cambiata, finalmente liberata dal fenomeno della corruzione.

Questa, come vi ho già detto, è la storia di una rivoluzione, e come in tutte le rivoluzioni, ad un certo punto, repentinamente, tutto cambia. Cambia almeno fino alla restaurazione, quando tutto, anche se con forme diverse, torna più o meno come prima.

E come in tutte le rivoluzioni, sempre piene di contraddizioni e misteri, anche in questa ci sono i carnefici e le vittime, gli eroi e i potenti da decapitare, i morti e i sopravvissuti. Gli eroi sono gli inquirenti, mentre i potenti che ci rimettono la testa sono i politici e gli imprenditori. I morti sono i tanti che, per vergogna o perché sentendosi innocenti si vedono già condannati dall’opinione pubblica, decidono di non affrontare l’ondata del cambiamento e si tolgono la vita. I sopravvissuti sono i tanti che, anche in questa strana rivoluzione nostrale, riescono a riciclarsi nella “Nuova” era.

Ma ritorniamo al 17 febbraio 1992. Tutto inizia in un pomeriggio di un lunedì, un lunedì qualsiasi. Tutto parte da un ospizio per anziani, il più grande istituto di ricovero per vecchi indigenti della città più frenetica di Italia: Milano. E nella città dove tutti lavorano, sempre, passa inosservata una notizia: l’ennesima tangente versata da un anonimo piccolo  imprenditore ad uno sconosciuto amministratore locale.

Un piccolo caso di ordinaria corruzione, dunque. E tuttavia, quella notizia di piccola cronaca cittadina si rivelerà come il minuscolo sassolino che pian piano cresce e si trasforma in una terribile valanga.

Eppure di strani affari si vocifera da anni.  E che questo accada soprattutto a Milano, nella Milano degli anni ottanta, nella “Milano da bere”, in quel lontano 1992 non meraviglia proprio nessuno. E tuttavia, alla fine il fenomeno apparirà di dimensioni gigantesche, al di là delle più catastrofiche previsioni degli stessi inquirenti.

Quel sassolino che prenderà poi la forma di valanga si chiama Mario Chiesa, ingegnere, socialista e presidente, appunto, dell’ospizio Pio Albergo Trivulzio. Per cinque settimane questo amministratore rimane sulle sue, tace e rimane tranquillo in carcere. Dalla sua cella, ovviamente, è in grado di venire a sapere tutto ciò che su di lui viene detto fuori dal carcere: il partito e i compagni che prendono le distanze da lui e dai fatti contestategli, nonché le voci sugli imprenditori pronti a parlare e a coinvolgerlo. Insomma, si sente messo in un angolo, lasciato solo e abbandonato al suo destino.

Così quel “Mariouolo” - definito in tal modo dal Segretario del PSI, Bettino Craxi – per non sentirsi più solo prende la decisione di chiamare in causa gli altri mariuoli, vuotando il sacco su tutto ciò di cui è a conoscenza, lavandosi la coscienza e coinvolgendo chi doveva essere coinvolto, magari anche contando – chissà - su di un minimo di riconoscenza da parte di quei pubblici ministeri ai quali stava per regalare momenti di gloria.

I sodali, a loro volta, per paura di andare a San Vittore a fare compagnia al primo sassolino, adotteranno lo stesso comportamento e “spintaneamente”, come diranno in seguito gli inquirenti, affolleranno i corridoi della Procura di Milano per confessare.

Evidentemente, in quei freddi giorni di febbraio, i grandi esponenti politici dovevano essere in più importanti faccende affaccendati per non accorgersi dell’onda anomala appena partita da Milano che da lì a poco li avrebbe travolti.

Di lì a breve però, questo meccanismo esponenziale porta i penitenti a confessare il meccanismo di finanziamento illecito dei partiti e gli arricchimenti personali. Il risultato sarà, come in una reazione a catena, una valanga di denunce, ammissioni e chiamate in correità. In questo prematuro “Grande Fratello” giudiziario, tutto - arresti, confessioni, condanne, suicidi - diventa uno show.

In poche settimane, con un effetto domino, questa bizzarra sorta di confessione collettiva travolge tutto e tutti: potenti, partiti e aziende. Il culmine sarà raggiunto con la “maxi tangente” di 150 miliardi di lire. Sarà definita, e non a torto, la madre di tutte le tangenti. Risulterà essere versata dalla Montedison di Raul Gardini a favore di tutti i partiti. Sarà corrisposta per favorire la spregiudicata fusione con l’Eni, multinazionale di controllo nazionale.

Sotto processo però è principalmente il Partito Socialista di Bettino Craxi. Quest’ultimo, alla fine, lascerà Roma e Milano per rifugiarsi ad Hammamet. Esule o latitante lo si consideri, il vecchio “Cinghialone” resterà in Tunisia fino alla sua morte. Nei suoi ultimi anni di vita l’ex presidente del Consiglio appare sicuramente stanco e malato, l’ombra del grande leader socialista che fu un tempo. La sua scelta di vivere lontano dall’Italia, ingenererà in molti italiani e nel mondo intero il dubbio che, nel nostro Paese, gli scontri politici si risolvono non nelle sedi istituzionali bensì attraverso l’azione della magistratura e insinuerà in molti il sospetto del “golpe giudiziario”.

Anche il suo diretto rivale Antonio Di Pietro, il protagonista assoluto di questa stagione, lasciando la magistratura prematuramente e, soprattutto, abbandonando l’inchiesta che lo ha reso popolare per gettarsi e rifugiarsi nella politica, non ne esce assolto. Alimentando il mito dell’inchiesta di “Mani Pulite mutilata” farà crescere il populismo e il malcontento nel Paese che proseguirà fino ai nostri giorni.

Orbene, comunque si voglia leggere questa lontana storia ormai sbiadita, resta il fatto che alla fine del 1993 quasi tutti i partiti storici saranno spazzati via, prima dalle inchieste giudiziarie e poi dalle elezioni.

A conclusione di questo biennio gli italiani penseranno che l’Italia sia cambiata davvero e che da quel momento la legge sarebbe stata uguale per tutti. Si comincia a parlare di “Seconda Repubblica”, di un sistema elettorale diverso e di partiti e leader nuovi.

Mentre l’Italia si perde dietro a queste illusioni non si accorge che i benefici effetti del cambiamento sono già svaniti e hanno lasciato velocemente il posto alle vecchie abitudini.

Dalle macerie della vecchia “Prima Repubblica” nasce un modo di fare politica “nuovo” solamente di nome, ma di fatto figlio di quello passato che era stato appena sepolto. La somiglianza genetica la si ravvisa principalmente nella corruzione che non è affatto scomparsa ma piuttosto si è mimetizzata, ha cambiato vesti, si è “polverizzata” – così è stato raccontato – in micro corruzione e comunque rimane sempre presente in ogni istituzione.

La novità invece è rappresentata dal nuovo nemico, la magistratura definita “politicizzata”, responsabile di aver sconfinato dal proprio ambito istituzionale e di aver compromesso gravemente il fragile equilibrio politico-economico che aveva finora tenuto in piedi il Paese.

Dalle ceneri di quell’era cupa della democrazia italiana nasce, dunque, solo questo, non un profondo cambiamento della politica e della società.

Così a trent’anni di distanza da quel 17 febbraio 1992, “Mani Pulite” appare non più tanto il nome di un’indagine che ha fatto storia, quanto la fine di un’epoca e l’inizio di una nuova, fatta da una politica mediatica, priva di principi e di ideali, ma infiocchettata da slogan, una nuova epoca caratterizzata da un perdurante scontro tra poteri dello Stato. Un lungo e costante conflitto tra politica e magistratura, dunque, che diviene cronaca anche di questi giorni; ma questa è un’altra storia…

di Sonia Modi

Riproduzione vietata