Arezzo, 3 agosto 2018
DA
BANCA ETRURIA AL PRESUNTO “TESORIERE” DI MATTEO MESSINA DENARO FINANZIAMENTI
SOSPETTI
Sotto
esame un finanziamento di un milione e mezzo di euro concesso da Banca Etruria
a Giovanni Savalle, l’imprenditore accusato di essere vicino al boss siciliano
latitante
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iovanni Savalle – ragioniere iscritto all’albo
dei commercialisti e imprenditore alberghiero – è stato accusato dalla DDA
della Procura di Palermo di gestire il patrimonio del boss Matteo Messina
Denaro. Gli è stato sequestratoun patrimonio di sessanta milioni di euro.
Per gli investigatori finora, nell’ambito
delle inchieste su Cosa Nostra,sarebbe stato una sorta di “signor nessuno”, nonostanteavrebbe alcuni precedenti penali (bancarotta
fraudolenta, evasione fiscale, truffa in danno dell’UE ed altri reatieconomici
e fallimentari) e una indagine della Procura di Torre Annunziata relativa ad appalti
“pilotati” nell’ambito di lavori di recupero e di restauro dell’area
archeologica di Pompei, affidati a società che sarebbero a lui riconducibili.
Gli inquirenti siciliani hanno poi precisato
che Savalle avrebbe goduto dell’appoggio di influenti esponenti delle cosche
mafiose, come il cognato di Messina Denaro, Filippo Guttadauro.
Fabio Bottino – comandante del primo reparto
dei Ros – ha inoltre evidenziato che “l’imprenditore
per anni ha sfruttato le conoscenze con esponenti mafiosi di rilievo” e “questi rapporti hannoconsentito di
qualificare la pericolosità sociale e l’ipotesi che i beni sequestrati siano
frutto di attività delittuose dell’organizzazione criminale”.
Dalle indagini sarebbe poi emerso che
Savalle ebbe nel 2006 un finanziamento di un milione e mezzo di euro dalla Banca
Etruria, in un periodo in cui le aziende del suo gruppo Sicily Houseerano già prossime al fallimento.
Stando agli inquirenti della DDA, si sospetterebberoanche
rapporti privilegiati con Alberto Rigotti, imprenditore trentino dalle mille
attività e, fino al 2009, membro del consiglio di amministrazione della banca aretina.
Danilo Persano -colonnello del Gico della
Guardia di Finanza - ha precisato che il Rigotti e
Savalle avrebbero avuto un rapporto privilegiato tale da far ottenere al
secondo “un finanziamento che nessuno
altro avrebbe ottenuto”.
Per gli investigatori siciliani, Rigotti avrebbe
indotto il consiglio di amministrazionee il collegio sindacale a concedere un
prestito a Savalle, nonostante che le sue società stessero in uno stato prossimo
al fallimento, tant’è che “Savalle portò
in Banca due scatole vuote e ottenne lo stesso il mutuo”.
Aggiungono poi che Alberto Rigotti, per questa
stessa vicenda, sarebbe già stato incriminato per bancarotta fraudolenta dalla
Procura di Arezzo.
di
Sonia Modi
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