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martedì 28 aprile 2020

LOCKDOWN (SECONDA PARTE): L'INTERO PIANETA TEMPORANEAMENTE CHIUSO




Firenze, 28 aprile 2020

LOCKDOWN (SECONDA PARTE): L'INTERO PIANETA TEMPORANEAMENTE CHIUSO

A 20 anni dall’inizio del terzo millennio ci siamo trovati catapultati nel passato

E
 così, dopo la Cina e l’Italia - le prime ad affrontare gli effetti devastanti del nuovo virus  - anche gli altri Paesi si sono dovuti piegare a questo nuovo nemico sconosciuto, invisibile e letale.

 
Via via che il covid-19 è avanzato, ha travolto tutto il pianeta, mettendo in ginocchio interi continenti. I governanti - anche quelli maggiormente recalcitranti – sono stati costretti ad adottare misure draconiane per arginarlo.

Il nuovo coronavirus non sta guardando in faccia nessuno ed in modo assolutamente democratico sta attaccando poveri e ricchi, artisti e scienziati, giornalisti e politici. Come un esercito efficiente e ben organizzato non si è arrestato di fronte a nessun confine, invadendo gli Stati in via di sviluppo e mettendo al collasso i sistemi sanitari anche dei Paesi più industrializzati.

Di fronte a questo inaspettato nemico tutti i Paesi si sono dimostratati impreparati, inadeguati ed hanno commesso gli stessi identici errori. Sbattendo la testa su un numero crescente di morti, alla fine abbiamo visto i premier di tutti i Paesi adottare durissimi provvedimenti, rimanendo sempre un passo indietro rispetto al virus. 

In questo pianeta profondamente cambiato, non di rado abbiamo assistito a scene che pensavamo non appartenessero più al mondo contemporaneo ma piuttosto relegate al Medioevo: strade e piazze deserte, prive di forme di vita umana nelle quali trovavano il coraggio di affacciarsi alcuni animali selvatici, persone ammassate nei corridoi di improvvisati “lazzaretti”, cadaveri avvolti nelle lenzuola e deposti in fosse comuni. Ma in alcune parti di mondo si è visto anche di peggio, come in Ecuador, dove numerosi pazienti venivano rifiutati dagli ospedali e lasciati al loro destino, mentre i cadaveri venivano abbandonati lungo le strade o avvolti in teli di plastica per poi essere gettati nei bidoni dell’immondizia o addirittura dati alle fiamme in mezzo al selciato.
 
In quest’ultimo periodo a molti sarà sembrato di essere catapultati tra le pagine profetiche de La Peste di Albert Camus oppure di vivere intrappolati in uno di quei film del filone catastrofisti come Virus letale, il film di Wolfgang Petersen del 1995, o come il più recente Contagion, il film del 2011 diretto da Steven Soderbergh.

In un incubo senza fine che toglie il respiro, noi tutti ci sentiamo fisicamente indifesi e, prima ancora, psicologicamente impreparati di fronte a questo coronavirus. Siamo increduli nel vedere i medici e i sanitari impotenti di fronte al nuovo morbo. Pensavamo arrogantemente di avere sostanzialmente sconfitto le malattie ed invece una forma di vita così piccola sta tenendo in scacco il pianeta.

Ed ora che l’ondata mortale si sta timidamente arrestando un po' ovunque, si deve cominciare  a fare i conti con le macerie economiche e sociali che questo virus sta lasciando.
Mentre guardiamo la “fase 1” dell’emergenza sanitaria con la speranza di averla lasciata alle spalle, immaginiamo con fiduciosa attesa la “fase 2” della ripresa economica. In questo limbo di, per così dire, “fase 1.5” viviamo nell’attesa di un rientro alla normalità ma nel timore di una ripresa dei contagi.

Rileggere la storia potrebbe aiutare ad intravedere gli scenari socio-economici possibili di questa emergenza sanitaria e capire il modo migliore per affrontarli.

Ogni epidemia - dalla peste ateniese del 430 a.C. alla più recente influenza spagnola scoppiata alla fine della Grande Guerra - ha sempre cambiato il corso della storia. Terremoti demografici, destabilizzazioni sociali, ondate migratorie, compressione della produzione e del consumo hanno accompagnato le pandemie.
Innanzitutto va detto che oggi la struttura economica è profondamente diversa dal passato. L’economia, ormai globalizzata, si basa molto di più sui servizi che sull’agricoltura e sull’industria. Oggi, la doppia crisi della domanda e dell’offerta potrebbe intaccare le dinamiche sulle quali si basa la crescita finanziaria. Inoltre, dal punto di vista sociale, il covid-19 ha colpito principalmente gli anziani e non i giovani cioè, in altre parole, non ha ridotto l’offerta di lavoro.
 
A seguito di questa emergenza sanitaria, la scelta messa in campo dalle autorità è quella di ricorrere prepotentemente alle  politiche monetarie e fiscali, nell’intento di sostenere innanzitutto le aziende e le famiglie e nella speranza poi di bloccare lo scoppio di bolle speculative. Se la scommessa dei grandi del mondo risultasse vincente, l’economia potrebbe fortemente decelerare, ma sostanzialmente reggere l’impatto.

Difficile dire come il mondo esattamente cambierà dopo il covid-19. Possiamo solo ipotizzarlo. Ma molto probabilmente il nostro pianeta non sarà più lo stesso e, soprattutto, tutti noi saremo profondamente diversi.

di Sonia Modi
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domenica 15 marzo 2020

SIAMO IN GUERRA!






Firenze, 15 marzo 2020

SIAMO IN GUERRA!

Siamo in guerra contro un nemico invisibile e sconosciuto. Morti, malati ed un intero Paese in quarantena. E dopo l’emergenza sanitaria aleggia lo spettro che possa essere anche peggio: le macerie (soprattutto economiche e sociali) saranno ovunque e le ferite degli italiani dureranno a lungo. Una catastrofe inaspettata e senza precedenti. 

E

ccoci qua, come catapultati in un incubo dal quale non riusciamo a svegliarci. Tutti (o quasi) silenziosamente barricati in casa, assediati dal Coronavirus, un nemico invisibile e subdolo, increduli davanti agli avvenimenti incalzanti di questi ultimi giorni.
 
Il Paese sembra piombato in un profondo oscuro abisso dal quale nessuno sa se, quando e come ne uscirà. Come in Virus letale, il film di Wolfgang Petersen del 1995, gli italiani osservano sbalorditi ed impotenti dalle loro finestre (e attraverso i mass media) il diffondersi nella popolazione di un misterioso e sconosciuto morbo.

Analogamente a quanto accade nei  I Sopravvissuti, la serie televisiva britannica del 1975 di ambientazione post apocalittica, ci sentiamo dei superstiti mentre ascoltiamo il consueto bollettino serale della Protezione Civile che snocciola i numeri dei decessi  e dei nuovi contagiati, sempre tanti ed in crescita esponenziale.

Tutti noi sappiamo che questa vicenda non sarà breve e che gli strascichi e le ferite li porteremo per anni. Ma in questo momento siamo concentrati sull’emergenza sanitaria, sul numero esponenziale delle vittime di questa inaspettata battaglia e sui malati stipati ormai ovunque: nei nosocomi che esplodono ogni giorno di più, negli ospedali da campo frettolosamente creati, negli alberghi convertiti in poche ore in ricoveri per degenti e, ahimè, anche tristemente dimenticati nelle proprie abitazioni.

Le persone muoiono a centinaia, ogni giorno, soprattutto al Nord. Muoiono negli ospedali, nelle tende e a casa, ma soprattutto muoiono sole e senza adeguata assistenza medica. I medici sono impotenti di fronte ad una malattia sconosciuta ed altamente letale.

Anche i funerali sono stati soppressi. Chi rimane non ha neppure il tempo di piangere i propri cari poiché deve immediatamente mettersi in quarantena ed occuparsi della salute propria e dei familiari sopravissuti.

Dappertutto le carceri sovraffollate esplodono dalle rivolte. Le guardie penitenziarie non riescono ad arginare le proteste violente e i detenuti evadono. Sono di queste ultime ore le insistenti indiscrezioni sulla risposta che lo Stato intenderebbe dare: per contenere l’impatto devastante che avrebbe il Covid-19 all’interno degli istituti carcerari, si vorrebbe far diminuire il numero dei detenuti ricorrendo agli arresti domiciliari. Per alcuni di essi potrebbero essere impiegati i braccialetti elettronici. E così una popolazione di almeno seimila persone prossimamente potrebbe uscire dalle prigioni. Non sarà la liberazione di massa dei prigionieri disposta solo alcuni giorni fa in Iran, ma certamente sarebbe una scelta tale da porre molti interrogativi. E c’è già chi parla di un indulto mascherato.

Rimanendo sul versante giustizia, nei tribunali tutte le udienze - salvo alcune ritenute urgenti ed improrogabili - sono state rinviate in blocco.

Gli ospedali e gli ambulatori hanno rimandato a date da destinarsi tutti gli interventi e le visite non urgenti.

Le attività didattiche sono state soppresse, i negozi sono stati serrati e gli uffici sono chiusi al pubblico.

Rimangono aperti solo gli alimentari e le farmacie. Davanti a queste poche attività ancora consentite sono spuntate file interminabili di zombi con guanti e mascherine (almeno i fortunati che le hanno trovate) che, distanziati di almeno un metro l’uno dall’altro, attendono silenziosi il proprio turno. Come in ogni emergenza che si rispetti non sono mancate scene di panico e di isteria collettiva  con i supermercati presi d’assalto ed interi scaffali svuotati.

E poi, tutti – per decreto – “reclusi” in casa, con posti di blocco un po’ ovunque per far rispettare le limitazioni. Certo, il divieto di “evadere” dalle proprie abitazioni è stato posto per esigenze sanitarie, ma quando questa brutta vicenda sarà terminata, credo che non mancheranno coloro che porranno qualche dubbio sulla legittimità delle forti violazioni dei diritti di libertà di queste ultime ore.

Ora però non è certo il momento di fomentare polemiche. Se non siamo piombati in uno scenario paragonabile a quello affrontato dai nostri nonni e bisnonni in tempo di guerra, poco ci manca.

Anche il consueto rissoso clima politico italiano, in poche ore, sembra cambiato. Le varie anime del governo si muovono inaspettatamente compatte nell’affrontare questa emergenza sanitaria, mentre le opposizioni hanno stranamente abbassato i toni. E se non si tratta questa di unità nazionale, beh credo che gli assomigli moltissimo.

Coraggiosamente il Governo cerca di riacciuffare un Paese moribondo e lo fa con misure draconiane e con provvedimenti senza precedenti, scommettendo tutto sulla salute dei cittadini e sulla tenuta del sistema sanitario nazionale.

Ma queste misure basteranno a salvare la vita a migliaia di italiani? Quando l’emergenza sanitaria sarà terminata, le macerie (soprattutto economiche e sociali) saranno ovunque e le ferite ci accompagneranno a lungo.

Credo che l’Italia difficilmente riuscirà a pagare il costo di un Paese ormai bloccato senza l’aiuto dell’Europa. Questo è il momento di vedere l’U.E. davvero unita e solidale nei nostri confronti, mentre stiamo affrontando una battaglia inaspettata e senza precedenti. Penso che proprio sulla nostra ricostruzione del post Covid-19 dovrà fondarsi veramente l’Unione Europa, altrimenti si dissolverà quel progetto visionario dei nostri nonni a Ventotene, il sogno lungimirante di libertà della generazione di Erasmus e la speranza di milioni di persone di sentirsi un Popolo.

di Sonia Modi
Riproduzione vietata