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lunedì 22 ottobre 2018

LEOPOLDA 9 - RITORNO AL FUTURO: LA RISCOSSA DI RENZI PARTE DA FIRENZE?









Firenze, 22 ottobre 2018
LEOPOLDA 9 - RITORNO AL FUTURO: LA RISCOSSA DI RENZI PARTE DA FIRENZE?
Venerdì 19, sabato 20 e domenica 21 si è tenuto a Firenze il consueto appuntamento della “Leopolda” organizzato da Matteo Renzi. Boom di partecipanti


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a “Leopolda 9 – Ritorno al Futuro” ha avuto avvio, come previsto, venerdì 19 presso la ex Stazione Leopolda. Sul palco anche la “DeLorean”, la macchina del tempo di Marty McFly, icona dell’omonimo film che dà il titolo alla edizione del 2018 della Leopolda.

Dal suo sito Internet lo stesso Renzi spiega le ragioni di questo nome: “Il titolo? Ritorno al Futuro. Perché ne abbiamo bisogno noi ma ne ha bisogno soprattutto l’Italia”.

Presentando la “Leopolda9” nella sua pagina Internet, il senatore di Scandicci aveva promesso che non sarebbe stato un appuntamento politico. In effetti, di politica si è parlato poco e del Partito Democratico quasi per nulla. Il tema del congresso, poi, non è stato neppure toccato. 

Neppure Marco Minniti - per il quale, nei giorni scorsi, si era parlato di una investitura alla candidatura come segretario nazionale – si è addentrato in merito al congresso e ai potenziali segretari. Alla stampa ha solo precisato che, per ora, lui non si candida.

Come al solito, dunque, “la Leopolda” non è risultata essere un appuntamento del Partito, bensì un grande evento mediatico che ha celebrato Renzi. Non è stata l’occasione per parlare di primarie e di segretari, ma il luogo per parlare del leader fiorentino e dei suoi progetti.

E che l’evento avesse poco a che spartire con un appuntamento politico della Sinistra italiana lo si è capito da subito, venerdì sera, quando all’apertura della “Leopolda 9” Matteo Renzi si è presentato accompagnato da un cordone di persone della scorta e della sicurezza interna, osannato come una star dello spettacolo, tra il frastuono della “musica a palla” e le grida frastornanti dei presenti. Durante questo atteso evento, Matteo Renzi non ha deluso il suo popolo. Anzi, è sempre sembrato in perfetta sintonia con i suoi militanti. 

Sul palco il leader della “Leopolda” si è presentato principalmente nel ruolo di show man, moderatore e intervistatore di personaggi noti, tra i quali Roberto Burioni, medico attivo contro le campagne no vax, Federica Angeli, giornalista nota per le sue battaglie contro la mafia di Ostia, Roberto Cingolani, “padre” di “iCub”, il “robot bambino”, e Paolo Bonolis, il noto conduttore televisivo.

Sabato pomeriggio, Ivan Scalfarotto ha presentato la novità di questa “Leopolda”: i “Comitati civici di resistenza civile”. Dalla tre giorni fiorentina sono stati invitati tutti gli italiani, soprattutto coloro che non sono impegnati in politica, a creare un comitato civico “contro la mediocrità e la banalità del Governo”.

Non si tratta di correnti interne al Partito, come ha prontamente spiegato Matteo Renzi, bensì di“ comitati per tornare al futuro e farlo di corsa prima che si abbatta sull’Italia lo tsunami causato dalla spaventosa incapacità grillo-leghista”. La gente che lavora, che risparmia, che vuole bene all’Italia - ha più volte esortato dal palco il leader della “Leopolda - deve farsi sentire e i comitati civici sono uno strumento in questa direzione.

La terminologia “Comitati civici” non è nuova ed ha un sapore cattolico ed anticomunista. Nati come una organizzazione finalizzata alla mobilitazione civico-politica dei cattolici italiani e costituiti da Luigi Gedda, vicepresidente dell’Azione Cattolica, allo scopo di impostare la campagna elettorale del 1948 in funzione anticomunista, i “comitati civici” risultarono decisivi per l’esito elettorale facendo passare i voti della Democrazia Cristiana dagli otto milioni del 1946 agli oltre dodici milioni e mezzo del 1948.

Per questo, i comitati lanciati con la “Leopolda 9” - ad una prima lettura - a molti sono sembrati essere il primo passo di Renzi e dei renziani per uscire dal Partito Democratico in vista della creazione di un nuovo partito, il “Partito di Renzi”.

Solo all’ultima giornata della kermesse, il senatore di Scandicci si è tolto la veste dello showman per rindossare quella di leader di Partito. Il Matteo fiorentino, come un fiume in piena, ha attaccato tutto e tutti: ha detto di essere vittima di una campagna d’odio senza precedenti. Ha ammonito chi sparge questo sentimento, ricordando che la storia ha sempre condannato i giacobini a finire sul patibolo. 

Renzi se l’è presa con il governo e con i suoi esponenti. Ha attaccato il presidente Giuseppe Conte, appellandolo come “premier improvvisato”, aggiungendo che mente sul suo curriculum e sul suo concorso per docente. 

Non si è certo risparmiato su Luigi Di Maio chiedendosi, dileggiandolo, perché sia tanto interessato al condono per Ischia. 

Ma ha riservato parole dure anche per Matteo Salvini: i 49 milioni ricevuti dalla Lega, ha ironizzato “il mattatore”, saranno restituiti agli italiani solo al tempo della“Leopolda 87”.

Poche ore dopo la conclusione dell’evento fiorentino non si sono fatte attendere le repliche dei due vicepresidenti del consiglio chiamati in causa. Luigi Di Maio, a “½ ora in più” condotto dalla Annunziata, sulle accuse di Renzi ha risposto che “mentre al Circo Massimo parliamo di futuro, alla Leopolda stanno parlano del movimento di 5 stelle. Mi fa piacere perché ci ha sempre portato bene”

Matteo Salvini, invece, si affida a Twitter per ribattere “al rottamatore” scrivendo: “Ma il Renzi che mi insulta e mi dà del cialtrone è lo stesso che ha governato per anni, ha massacrato gli Italiani ed è stato licenziato dagli elettori? Buona Leopolda di opposizione, ne farà altre per i prossimi vent’anni”.

Tornando a quanto si è svolto sul palco, Renzi ha proseguito attaccando Vittorio Foa definendolo “una fake news vivente” e sulle recenti accuse rivolte dal presidente della RAI agli europarlamentari del PD, vale a dire di aver ricevuto finanziamenti da George Soros; Renzi ha annunciato che Foa verrà presto denunciato per calunnia e per diffamazione.

Non è stato risparmiato neppure Beppe Grillo che, a parere del leader della Leopolda, ha fondato la sua carriera lavorando “in nero”, in spregio alla legalità. 

Duri attacchi sono stati riservati anche al fronte interno del Partito Democratico. Credendo di essere vittima di una “congiura interna”e sentendosi come Cesare pugnalato dai suoi, Renzi ha affermato che persone del suo Partito “gli hanno fatto la guerra col fuoco amico” e che le stesse se la sono presa con lui e con il suo carattere.

Rivolgendosi a loro, li ha invitati a smettere con le polemiche interne. Il “rottamatore” ferito ha ribattuto che con la personalizzazione del PD il Partito ha raggiunto il 40% e che, diversamente, con la spersonalizzazionee senza leader, il Partito Democratico ha raccolto solo il 18%. 

Renzi ha poi aggiunto che - continuando a polemizzare con gli uomini del suo Partito - queste accuse non gli erano state mosse quando questi compagni di strada facevano i ministri o ricoprivano ruoli di responsabilità, ma che, invece, gli sono state rivolte solo dopo la recente sconfitta. 

Proseguendo con questa polemica, Renzi ha promesso di usare rispetto e di offrire tutta la collaborazione possibile al nuovo segretario nazionale, diversamente da quello che, in passato, sarebbe stato il trattamento ricevuto al momento della sua vittoria alle primarie.

Ma a chi era rivolta la critica di Matteo Renzi? Forse ad Andrea Orlando, lo sfidante delle ultime primarie e l’organizzatore della minoranza di sinistra del Partito Democratico? Probabilmente a Paolo Gentiloni che, con la sua partecipazione nel corso dell’ultimo weekend alla convention di Nicola Zingaretti, ha dato motivo di pensare di non essere affatto ostile al governatore della regione Lazio in vista delle prossime primarie? Oppure a Maurizio Martina che, nonostante la settimana precedente si fosse presentato a “Piazza Grande”, iniziativa organizzata da Zingaretti, non ha partecipato alla“Leopolda”? Di certo, di nomi il leader della “Leopolda” non ne fa, quindi l’interpretazione di chi fossero i compagni che gli hanno fatto la guerra interna resta aperta a varie ipotesi.

Il senatore di Scandicci non ha risparmiato neppure i dirigenti e gli intellettuali che volevano l’accordo con i “5 Stelle”, ribattendo che la politica non è solo potere e non si riduce ad uno scambio di poltrone o di nomine. Accettare quell’accordo avrebbe cancellato la speranza che, prima o poi, i suoi sarebbero tornati a governare in futuro.

Unica pecca: sono stati rilasciati più pass di quanto la capienza della ex stazione potesse consentire. Infatti domenica mattina, già verso le 10:00, sono state chiuse le porte di accesso alla “Leopolda”. 

In questo modo sono rimaste fuori tantissime persone registrate e con pass rilasciato nei due giorni precedenti dalla organizzazione dell’evento. Molte di queste persone, nonostante la presenza del maxi schermo nell’area esterna dell’ex stazione, hanno preferito andarsene. Forse, se fossero state predisposte delle sedie anche all’esterno, si sarebbe potuto evitare questo piccolo abbandono di sostenitori.

Indubbiamente, la “Leopolda 9” ha visto una partecipazione senza precedenti rispetto alle altre edizioni. 

A dispetto di un calo di sostenitori, lento ma costante, sancito oltretutto dai diversi sondaggi elettorali, fa contrasto una crescente partecipazione popolare agli ultimi appuntamenti politici offerti dal Partito Democratico di Firenze (la Festa dell’Unità 2018, le primarie toscane e, appunto, la “Leopolda 9”) e a quello offerto dal Partito a livello nazionale (la manifestazione organizzata a Roma il 30 settembre).

Diversamente da quanto frettolosamente descritto da molti commentatori, la “Leopolda 9” non ha coinvolto solo la medio alta borghesia fiorentina. Certo, anche in questa edizione della “Leopolda” si è parlato principalmente fiorentino, ma sarebbe impreciso non raccontare che molti dei partecipanti provenivano da altre regioni e che molti di essi si sentissero più parte del PD che seguaci di Matteo Renzi.

Il popolo della “Leopolda” era indubbiamente composto da tantissimi renziani ma, tra quelli che noi dell’Altra Opinione abbiamo visto qui a Firenze, c’erano anche molte famiglie che precedentemente avevano partecipato alla manifestazione nazionale del 30 settembre.

Ed andando ad indagare più a fondo le ragioni di questa partecipazione si percepisce che il popolo del Partito Democratico si senta chiamato in prima persona a reagire alla politica di questo governo, ritenuto demagogico, improvvisato e formato da incompetenti. 

Insomma, c’è tanta voglia di opposizione a questo Esecutivo nel Paese, c’è tanto desiderio di unità della sinistra e tanta speranza di risentire parlare dei temi del lavoro, dell’ambiente e della solidarietà tra i tanti che non si riconoscono nel “Governo giallo-verde”; se solo i vertici della sinistra riuscissero ad ascoltarele richieste del suo popolo.
di Sonia Modi
Riproduzione vietata



lunedì 17 settembre 2018

TERMINATA LA FESTA DELL'UNITA' DI FIRENZE 2018




Firenze, 17 settembre 2018
TERMINATA LA FESTA DELL’UNITA’ DI FIRENZE 2018
Dal 30 agosto al 16 settembre: due settimane di dibattiti su temi nazionali e locali, nonché tante iniziative dedicate alla cultura e al confronto con i simpatizzanti del PD e della sinistra




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i è conclusa ieri la Festa dell’Unità di Firenze. Come di consueto in questi ultimi anni, la festa è stata organizzata nel Parco delle Cascine. Tanti gli ospiti (politici e giornalisti) e tante le iniziative culturali (presentazioni di libri, proiezioni di film e rappresentazioni di spettacoli teatrali).

La prima serata si è aperta all’insegna della grande affluenza di pubblico con la presentazione dell’ultimo libro del giornalista Marco Damilano, direttore de “l’Espresso”, e con la partecipazione del sindaco di Firenze, Dario Nardella. Il tema affrontato èstato quello del sequestro e dell’omicidio di Aldo Moro, e delle conseguenze che questi avvenimenti hanno prodotto fino a tempi recenti.

Il 9 maggio 1978 venne assassinato il leader della DC; l’omicidio rappresentò la conclusione di 55 giorni di sequestro ad opera delle Brigate Rosse, 55 giorni di dramma collettivo. Secondo il pensiero di Damilano, questo eventoha segnato l’inizio di una fase che portò alla dissoluzione della Democrazia Cristiana, a Tangentopoli e alla conseguente latitanza di Bettino Craxi in Tunisia fino al declino della mediazione politica.

Molto partecipato, principalmente da giovani, ancheil dibattito con Enrico Mentana, giornalista e direttore del TG LA7, organizzato dai Giovani Democratici e riguardante le dinamiche del mondo dell’informazione al tempo dei Social Network, le fake news e i troll.

Grande successo anche per Marco Minniti, deputato del PD ed ex ministro dell’Interno del governo Gentiloni. Il noto dirigente di partito ha rivendicato la bontà delle sue riforme al dicastero che, come certificano le stesse statistiche del Viminale, hanno prodotto una drastica riduzione degli sbarchi nel nostro territorio.

Minniti è poi entrato nel merito della crisi del PD, precisando che non è tanto il nome ciò che deve essere messo in discussione, quanto piuttosto lo stesso Partito per il quale, a suo avviso, deve essere trovato il coraggio per cambiarlo radicalmente.  Auspicando che venga convocato al più presto il congresso, ha aggiunto che non intende candidarsi alla segreteria.

Hanno rivendicato l’operato dei precedenti governi e dei rispettivi ministeri anche Graziano Delrio, deputato del PD ed ex ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, e Teresa Bellanova, senatrice ed ex vice ministro allo Sviluppo Economico.

Delrio è anche entrato nel merito alle dinamiche interne al Partito Democratico, precisando che non è necessario cambiarne il nome, ma che occorretrovare al più presto una nuova identità alla sinistra, facendo diventare protagoniste le persone.

Ha poi concluso il suo intervento rassicurando i suoi sostenitori paragonando Salvini ad“una ombra che si è allungata sul Paese, ma chepresto svanirà”.

Atteso anche l’intervento di Maurizio Martina, segretario nazionale PD, per il quale il Partito dovrebbe ripartire dal rapporto con le persone e dalla lotta alle diseguaglianze, senza andare a cercare altri modelli progressisti, in giro per l’Europa, da fotocopiare.

Per Martina, la sinistra italiana deve continuare ad essere un punto avanzato in Europa, anche rispetto all’esperienza socialista e democratica del PD, così come fu dieci anni fa. La questione sociale – secondo Martina - dovràritornare ad essere al centro della iniziativa del Partito; sarà necessario “decidere decisamente chi vogliamo rappresentare e come”. 

Numeroso – e rumoroso – il gruppo di simpatizzanti che è intervenuto per la presenza, non programmata ma certamente molto attesa, dell’exsegretario del PD, Matteo Renzi, senatore di Scandicci ed ex presidente del consiglio.

Renzi ha ricevuto il vivacesostegno dei presenti per la scelta del Partito di non allearsi con i Cinque Stelle. Il senatoreha poi accusato direttamente l’Esecutivo di parlare troppo di immigrazione e di trascurare tutti gli altri temi della campagna elettorale: flat tax, reddito di cittadinanza e abolizione della Fornero. Ha inoltre aggiunto che, con la nave “Diciotti”, Salvini ha bloccato solo 150 immigrati e non l’immigrazione.  

Ha concluso il suo intervento invitando le minoranze interne a smettere con le polemiche rivolte a lui e al suo operato,per mettersi a lavorare insieme,con un unico obiettivo: combattere il leghismo. Prima di congedarsi dal caloroso pubblico e dalla neo designata candidata alla segreteria del PD toscano, Simona Bonafé, Matteo Renzi ha invitato i presenti per il vicino appuntamento alla “Leopolda”, che si terrà tra il 19 e il 21 ottobre.

Rispetto alle precedenti edizioni e in controtendenza rispetto agli ultimi sondaggi che vedono il Partito Democratico al suo minimo storico, il numero dei presenti ai dibattiti proposti dagli organizzatori della Festa dell’Unità 2018 sono sembrati molto numerosi. Probabilmente il popolo del Partito Democratico, più dei suoi dirigenti, ha voglia di capire le ragioni della bruciante sconfitta del 4 marzo; sconfitta che ha seguito un’altra, altrettanto drammatica, ovvero quella del referendum del 4 dicembre 2016.

di Sonia Modi
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venerdì 17 agosto 2018

MARIA ELENA BOSCHI: LA GRANDE ESCLUSA DELLA FESTA DELL'UNITA' 2018 DI FIRENZE




Firenze, 17 agosto 2018
MARIA ELENA BOSCHI: LA GRANDE ESCLUSA DELLA FESTA DELL'UNITA'2018 DI FIRENZE 
  La donna simbolo della stagione di governo renziana dovrà attendere ottobre e la “Leopolda” per tornare nel territorio toscano

E’
ufficiale, l’ex sottosegretaria alla presidenza del consiglio non è tra gli inviatati alla Festa dell’Unità di Firenze che si terrà - in versione ridotta rispetto alle precedenti edizioni - dal 30 agosto al 16 settembre presso le Cascine.



Ci saranno oltre a Maurizio Martina, Matteo Renzi, Marco Minniti, Luca Lotti, il sindaco Dario Nardella e pure il Governatore della Regione Enrico Rossi, che non è più esponente del Partito Democratico, ma di Liberi e Uguali.Vi parteciperanno anche l’ex sceriffo Graziano Cioni e l’ex parlamentare Filippo Fossati. Tra gli invitati trapelano anche i nomi di Vittorio Sgarbi, che parlerà di bellezza e tutela delle città, e del direttore del TgLa7 Enrico Mentana. Insomma, ci saranno un po’ tutti, ma non ci sarà la parlamentare aretina.



Lorenza Giani, vice segretaria del PD fiorentino, spiega che la Boschi nei giorni scorsi non ha rinnovato la tessera del partito presso lo storico circolo di “Vie Nuove” - al quale era iscritta assieme a Matteo Renzi - preferendoquello altoatesino, rimarcando così la vicinanza con quel territorio. Per questo la leader Dem non verserà più il contributo mensile al Partito di Firenze, bensì a quello di Bolzano. 


Questa sembra essere la prima reazione del Partito Democratico all’annuncio di inizio agosto della deputata Boschi, eletta tra molte polemiche nel Sud Tirolo, in quel di Bolzano con oltre il 40% dei voti, in un collegio definito da molti “blindato”.


Questa clamorosa esclusione tra gli invitati alla manifestazione del Partito locale, fa seguito alla protesta di luglio dei Giovani Democratici di Montemurlo (PO). La Festa dell’Unità di questa cittadina si è chiusa domenica 8 luglio - al Parco della Pace di via Deledda - con un appuntamento molto atteso, quello della parlamentare Boschi, invitata a parlare sul presente e il futuro del Partito. 


Una presenza contestata dai giovani del Partito, definita “inappropriata”, in quanto in questa Festa dell’Unità sarebbero stati invitati troppi esponenti legati all’ex premier Renzi. Nel comunicato diramato dai Giovani Democratici non si nasconde il malumore per questa scelta del Partito: “In un momento in cui il Partito e la sinistra in genere attraversano una grave crisi, riteniamo che sarebbe stato opportuno lo scambio di contenuti e il confronto interni ed esterni”. Prosegue: “Crediamo che sia importante favorire la creazione di uno spazio politico ampio di confronto” annunciando così una loro iniziativa: “Sfrutteremo l’ultima giornata della Festa per aprirci al dialogo invitando corpi intermedi e le rappresentanza del territorio”.


L’On. Maria Elena Boschi - dopo le polemiche di luglio a Montemurlo e l’esclusione dalla Festa dell’Unità organizzata a Firenze per settembre - per tornare nella sua terra per una manifestazione ufficiale di Partito, dunque, dovrà attendere la “Leopolda” prevista per il mese di ottobre.


di Sonia Modi

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