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https://www.linkiesta.it/author/sonia-modi/
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Firenze,
8 febbraio 2020
Regionali in Toscana: una partita ancora aperta
Le Sardine sono rimaste indigeste a Salvini o la vittoria del leader sovranista è stata solo rinviata? Alla
vigilia delle elezioni regionali in Toscana, cosa ci lasciano
in eredità i recenti risultati elettorali dell’Emilia Romagna
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parliamo (ancora) di elezioni regionali. Dopo i
recenti risultati delle consultazioni in Emilia Romagna e in Calabria ora si
guarda alla Toscana, chiamata al
voto nella prossima primavera.
Già
cominciano a circolare i primi orientamenti di voto degli elettori. Proprio in
questa regione, infatti, si giocherà una delle più importanti partite tra il
centrosinistra, che governa il territorio da sempre, e il centrodestra che, dopo
la recente sconfitta dell’Emilia Romagna, è ancor più desideroso di scalzare il
Partito Democratico dalla storica roccaforte rossa.
La
coalizione progressista toscana marcia unita e converge sul nome di Eugenio
Giani - presidente uscente del Consiglio regionale e politico di lungo corso - quale
candidato governatore della regione. Diversamente, il centrodestra non ha
ancora ufficializzato il nome del proprio candidato. Circolano i nomi di
Susanna Ceccardi, europarlamentare ed ex
sindaco di Cascina, di Giovanni Donzelli, deputato eletto nel 2018 ed ex consigliere regionale, e di Antonfrancesco
Vivarelli Colonna, primo cittadino di Grosseto.
Indubbiamente
i risultati delle recenti consultazioni elettorali pesano (e peseranno) anche nelle
prossime elezioni toscane. Il primo effetto si è già realizzato: far perdere
concretezza alla nomina della leghista Ceccardi. E se la Meloni ha recentemente
precisato che in Toscana non sono state ancora concordate le candidature, da
ambienti di Forza Italia si incalza l’alleato Salvini precisando che non dovrà essere
(più) la Lega ad indicare il nome del candidato governatore dello schieramento.
Facciamo
un passo indietro e ritorniamo alle recenti consultazioni regionali. Queste
ultime votazioni sono state trasformate in un vero e proprio esame per i
partiti a livello nazionale e, soprattutto, per la compagine governativa.
L’aspro scontro tra destra e sinistra, voluto principalmente da Salvini, ha finito per polarizzare ed
accendere gli animi degli elettori della “regione rossa”.
Il
leader della destra, estremizzando il
messaggio politico, ha pensato, con una mossa sola, di poter conquistare
l’Emilia Romagna, far diventare la Lega il primo partito della Calabria e far
cadere il debole governo. Ma a spoglio ultimato è apparso evidente a tutti che
la sua strategia non è stata vincente e la sua potente macchina mediatica non è
stata in grado di portare a casa la presidenza della “regione rossa”, che tanti
sondaggisti ed opinionisti davano già per vinta. In Calabria poi i risultati
sono stati ancor più deludenti: la Lega è risultato il terzo partito, dopo il
Partito Democratico e dietro, addirittura, alla resuscitata Forza Italia. La
coalizione governativa, infine, ne è uscita rafforzata.
Indubbiamente,
però, l’attenzione di tutti è stata rivolta verso l’Emilia Romagna. Qui il muro
della sinistra ha retto brillantemente al forte urto dei sovranisti. Quel muro,
va detto, non è più quello di una volta e persino nella “rossa” Emilia il partito
di Zingaretti non è in grado di
raggiungere i consensi di una volta. Ciò
non di meno, la vittoria di Bonaccini e del Partito Democratico è stata importante.
E lo è ancor di più se questi risultati si leggono assieme a quelli ottenuti in
Calabria. In questa regione i DEM sono risultati il primo partito.
Per
la prima volta, dunque, dopo diverse tornate
elettorali, il Partito Democratico è tornato a vincere una competizione
elettorale.
Quello
che è uscito dalle ultime consultazioni elettorali per i DEM è, dunque, uno spiraglio per costruire l’alternativa alla
destra. Insomma, prigioniero dei cespugli, delle correnti, dei ricatti e delle tattiche
di corto respiro, delle minacce (promesse e realizzate) di scissioni, il PD è
tornato a respirare. L’ha fatto anche grazie all’ossigeno fornitogli delle “Sardine”, un inedito moto di popolo,
anti-populista e per di più formato prevalentemente da giovani. A ben vedere,
questo frizzante movimento è risultato un contributo fresco per l’intera
sinistra.
Sul
versante della Lega invece, dopo
queste ultime consultazioni regionali e i recenti sondaggi, Salvini è costretto
a fare un’analisi critica della sconfitta. Tra crescenti, anche se ancora
timidi, malumori provenienti dall’interno del partito (che ancora perdurano dalla
debacle estiva che portò alla formazione
del governo Conte II) e quelli più fermi e rumorosi degli alleati della
coalizione di centrodestra (critici sia sulla candidatura della Borgonzoni che
sulla conduzione della campagna elettorale),
il leader del “Papeete” dovrà
quanto prima dimostrare che la scalata verso la conquista delle “regioni rosse”
è solo stata rinviata e che l’ondata sovranista non si è arrestata.
La
prima occasione, dunque, sarà proprio in Toscana. Qui la Lega non può
permettersi di arretrare. Per questo non può rinunciare ad un suo
rappresentante come candidato governatore. In questa regione Salvini, infatti, non
può perdere senza vedere fortemente ridimensionato il suo ruolo indiscusso di leadership della coalizione di
centrodestra anche a livello nazionale.
di Sonia Modi