martedì 29 dicembre 2020

VACCINATION DAYS: L’ATTESA SVOLTA NELLA LOTTA CONTRO IL COVID



 

 

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Firenze, 29 dicembre 2020

 

 VACCINATION DAYS: L’ATTESA SVOLTA NELLA LOTTA CONTRO IL COVID

Dopo un anno martoriato dalla pandemia, alla fine si intravede una luce in fondo al tunnel. E se la strada per sconfiggere il Coronavirus è ancora molto lunga, la speranza è già nei nostri cuori

 

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a campagna di vaccinazione contro il Covid - dopo la consegna dei vaccini per Santo Stefano - è ufficialmente iniziata, in tutti i Paesi dell’Unione Europea, domenica 27 dicembre.

Si sono differenziati solo Ungheria e Slovacchia, che hanno cominciato a vaccinare i propri cittadini a partire dal 26, e la Germania che, sempre nella giornata di sabato, ha vaccinato, come evento simbolico, una nonnina di 101 anni, ospite di una residenza per anziani di Halberstadt (Sassonia-Anhalt). La campagna Vaccination days però è proseguita anche nei giorni del 28 e 29 dicembre.

Se, nella prima giornata simbolica, alcuni Paesi come Spagna, Francia e Austria hanno deciso di iniziare dai soggetti più fragili, vale a dire dagli anziani delle case di riposo, la Repubblica Ceca ha scelto come primo vaccinato il premier Andrej Babis; analogamente anche la Grecia ha ritenuto opportuno che tra i primi vaccinati del Paese ci fossero la presidente della Repubblica Katerina Sakellaropoulou, il premier Kyriakos Mitsotakis e altri politici ellenici.

Diversamente, Malta e la Polonia hanno aperto la campagna vaccinale iniziando da un’infermiera del reparto malattie infettive di un proprio ospedale.

La selezione italiana è caduta sulla professoressa Maria Rosaria Capobianchi, dirigente del laboratorio di Virologia dell’ospedale Lazzaro Spallanzani, tra i primi ricercatori al mondo che isolò il Coronavirus Sars-CoV-2.

Tra coloro che hanno potuto beneficiare del vaccino nel Vax Day c’è stato anche Vincenzo De Luca, presidente della Regione Campania; e subito è scoppiata  la polemica. Non pochi hanno giudicato questa scelta non come un messaggio destinato ad abbattere gli scetticismi e le “convinzioni” dei simpatizzanti dei no-vax, bensì come un abuso di potere, un modo per “saltare la fila” ed accaparrarsi il vaccino riservato, in questa prima fase, agli operatori sanitari, al personale delle residenze sanitarie protette e agli anziani. E’ l’eterna questione sul comportamento che dovrebbe adottare la politica di fronte ad eventi simili: dare il buon esempio o attendere il proprio turno, come i comuni cittadini?

Ma dopo il debutto simbolico di fine 2020, da metà gennaio si partirà con l’ambizioso obiettivo di raggiungere la cosiddetta “immunità di gregge” già a fine estate 2021. E se le prime tranche di farmaci saranno riservate ai medici, agli infermieri, al personale e agli ospiti delle RSA, subito dopo, nei mesi di febbraio e di marzo, le successive forniture saranno destinate alle persone con più di 80 anni.

Da aprile si dovrebbe procedere, in maniera progressiva, alla vaccinazione delle persone meno fragili: si inizierà da coloro che hanno un’età compresa tra i 60 e i 79 anni per proseguire con chi ha almeno due patologie ed infine, con l’inizio dell’estate, si passerà a ritmo incalzante al resto della popolazione. Il direttore dell’AIFA, Nicola Magrini, ha dichiarato che “fra tre mesi gli ospedali saranno Covid-free e le RSA in sicurezza” e che “entro settembre riusciremo a vaccinare il 70% della popolazione”.

Sarà dunque uno sforzo poderoso che metterà in gioco le capacità logistiche di ogni Paese. Una sfida senza precedenti che probabilmente scriverà una pagina nuova ed importante nella storia contro le pandemie.

Resta ancora da capire quanto durerà l’immunità fornita dai singoli vaccini (probabilmente 6 mesi – 1 anno) e quanti saranno coloro che non potranno, per malattie pregresse, essere sottoposti a questa terapia. Anche le persone che non vorranno vaccinarsi rappresentano una pericolosa incognita con la quale dovremo confrontarci; infatti, vale la pena ricordare che, se la vaccinazione in corso è gratuita, rimane comunque su base volontaria.

Di fronte all’elemento certo della presenza del vaccino c’è quindi da opporre l’incertezza data dalla presenza degli scettici (anche tra medici e sanitari). Quante saranno, a conti fatti, le persone che non si vorranno vaccinare? E tra coloro che si dichiarano oggi contrari alla vaccinazione contro il Covid, quanti continueranno a mantenere le proprie perplessità anche nei prossimi mesi?  I timori verso un trattamento innovativo o gli atteggiamenti modaioli alla no-vax resisteranno anche di fronte al miglioramento generale della situazione sanitaria?

E proprio di fronte all’incognita del raggiungimento dell’”immunità di branco” si fanno avanti proposte come quella di rendere la vaccinazione contro il Covid obbligatoria, almeno per i sanitari, oppure quella di far pagare un prezzo per la libertà di non vaccinarsi, vale a dire far sostenere, in caso di ricovero ospedaliero, le proprie spese mediche direttamente al paziente anziché scaricarle sul Servizio Sanitario Nazionale.

Viene poi da chiedersi se sarà concretamente realizzabile la produzione e la distribuzione di tutte le dosi necessarie a vaccinare almeno coloro che lo vorranno.

Tutte queste variabili influenzeranno il raggiungimento del risultato dopo l’estate del prossimo anno. Con molta probabilità però, per garantire la persistente “immunità di gruppo”, la più grande campagna vaccinale della storia si trasformerà in un’operazione routinaria, una vaccinazione che dovrà dunque essere ripetuta ogni anno.

Ad ogni modo, finalmente stiamo iniziando a voltare pagina dopo un lungo anno, affannoso, tormentato e dominato dal Covid. Sono giorni di grande speranza per tutti nel mondo. Tuttavia, con l’arrivo dei vaccini abbiamo fatto solo un primo passo per sconfiggere il Coronavirus; la svolta sarà vaccinare almeno il 70% della popolazione.

La strada verso un ritorno alla normalità, dunque, è ancora lunga e tortuosa, ma con il nuovo anno si sta affacciando la speranza di lasciare alle spalle questa nefasta esperienza. Col 2021 avremo una consapevolezza in più: la guerra contro il Coronavirus può essere vinta.

 

di Sonia Modi

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lunedì 21 settembre 2020

#TOSCANA2020: EUGENIO GIANI, IL NUOVO “SINDACO TRA I SINDACI”




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Firenze, 21 settembre 2020

 

#TOSCANA2020: EUGENIO GIANI, IL NUOVO “SINDACO TRA I SINDACI”

 

Nell’Election day 2020, la prima (e speriamo anche l’ultima) consultazione nell’era del Covid, l’affluenza si è rivelata inaspettatamente alta e la nostra Toscana, diventata l’Ohio italiana, è rimasta in bilico fino all’ultimo


 


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 uesta appena conclusa è stata una tornata elettorale davvero particolare e diversa da tutte quelle precedenti, come del resto tutto ciò che si è svolto in questo 2020.  In mezzo a questa emergenza sanitaria planetaria e dopo mesi di lockdown ed incognite, siamo finalmente andati a votare anche noi italiani.

Ovviamente il primo impegno della macchina dello Stato è stato quello di assicurare che tutte le operazioni di voto avvenissero in piena sicurezza, tutelando da possibili contagi sia il personale impiegato nei seggi, sia gli elettori. E così, a fianco delle consuete regole previste per tutte le elezioni, quest’anno è stata introdotta anche una serie di norme comportamentali sanitarie (come l’obbligo della mascherina per tutti all’interno dell’istituto scolastico, l’obbligo di disinfettarsi le mani prima e dopo il voto e il rispetto del distanziamento sociale) per scongiurare che il momento del voto potesse essere anche un’occasione di contagio.

Il secondo impegno del ministero dell’Interno è stato quello di garantire il diritto al voto anche a coloro che si trovassero in quarantena obbligatoria, perché malati di Covid, o in isolamento fiduciario, poiché entrati in contatto con un malato di coronavirus.

Nella nostra Regione sono stati circa 600 i toscani che hanno fatto richiesta del voto a domicilio, nella propria abitazione o in albergo sanitario. A Firenze, il compito delle operazioni di voto è stato affidato a personale infermieristico e medico che ha composto un seggio itinerante e distaccato del presidio di Careggi.

Contraddicendo qualsiasi previsione, gli italiani non si sono lasciati scoraggiare dalla paura del contagio e l’affluenza alla fine si è rivelata alta. Probabilmente ha prevalso il desiderio di ritorno alla normalità dopo mesi difficili.

In alcune zone di Italia, come la Toscana, si è trattata anche di un’elezione molto attesa. In sette regioni era in programma già dalla primavera scorsa il rinnovo della carica di presidente della Regione e in diverse realtà locali erano previste da mesi le elezioni degli amministratori comunali, ma a causa della pandemia tutte le consultazioni sono slittate a settembre e sono state accorpate al referendum costituzionale.

In Toscana, dunque, si è trattata di una campagna elettorale lunga e di un’attesa estenuante, che si è rivelata incerta fino all’ultimo.

La “rossa” Toscana, infatti, è sembrata ad un certo punto contendibile per la Lega di Matteo Salvini e per la destra italiana. Tuttavia, il sogno di espugnare il fortino del Granducato si è rivelato, a spogli ultimati, solo un’illusione.

Credo che Salvini dovrebbe soffermarsi a riflettere e ad analizzare con molta attenzione la distribuzione del voto di queste elezioni nella solida roccaforte rossa. Il “Capitano” non solo non è riuscito a portare a casa la regione simbolo che più anelava, ma ha perso anche in quelle realtà, come Siena, Pistoia o Pisa, strappate alle ultime consultazioni comunali alla storica e consolidata gestione amministrativa della sinistra. La Ceccardi non ha vinto neppure a Cascina, sua città natale e luogo dove è cresciuta politicamente fino a rivestire la prestigiosa fascia di sindaco.

Eppure il leader del Carroccio per la sua “leonessa” aveva investito davvero tutto: nell’ultimo mese e mezzo si era letteralmente trasferito, assieme alla sua fedelissima “Bestia”, in Toscana, macinando ogni giorno chilometri su chilometri, percorrendola in lungo ed in largo e visitando ogni angolo, perfino quello più sperduto della Regione.

Ciò non di meno, è stato sufficiente che, negli ultimi dieci giorni di campagna elettorale, arrivasse in Toscana il leader dei DEM - uno Zingaretti fra l’altro distratto dal fuoco amico di chi attendeva solo la sconfitta in questa Regione per sostituirlo alla Segretaria - per ribaltare i risultati faticosamente ottenuti dalla Lega.

Sul versante del centro sinistra va detto che il candidato Eugenio Giani ha vinto principalmente da solo: i big nazionali si sono visti poco e solo negli ultimissimi giorni. Le “Sardine” non hanno navigato molto nelle acque toscane e alla fine hanno lasciato l’impressione di rimanere solo un fenomeno locale legato all’Emilia-Romagna. Inoltre, il neo presidente non ha neppure potuto beneficiare di un “effetto gestione dell’emergenza Covid” che in altre regioni ha premiato quei presidenti che hanno ben gestito le fasi drammatiche della pandemia che, è bene dirlo, non è stata contenuta in tutte le regioni con la stessa efficienza.

Indubbiamente però il neo presidente è stato aiutato dall’essersi inserito sulla scia del modello sanitario toscano che, meglio di tanti altri, ha saputo reggere alla pandemia e, più in generale, ha potuto ereditare mezzo secolo di sostanziale buon governo regionale degli amministratori della sinistra.

Uno dei meriti di Giani è stato quello di aver saputo sfondare nelle tre province più popolose, cioè Firenze, Prato e Livorno, le aree dove da sempre si decidono le sorti della Regione.

Almeno per ora, dunque, la Toscana resta rossa. La “sceriffa” anti immigrati non ha sfondato nella fortezza del sinistra. E se è vero che la vittoria ha molti padri, mentre la sconfitta è sempre orfana,  Susanna Ceccardi ha partecipato con dignità alla consueta conferenza stampa con la quale viene riconosciuto l’esito elettorale, assistita dalla sola presenza di Giovanni Donzelli. Matteo Salvini non se l’è sentita di supportarla nell’ultimo incontro con la stampa, nel momento più difficile, esattamente come fece nella serata della bruciante sconfitta in terra emiliana di Lucia Borgonzoni.

Vistasi respinta nel suo assalto alla roccaforte Toscana, l’ex sindaca di Cascina tornerà presto a Bruxelles, per continuare a ricoprire l’incarico di eurodeputata. Lascerà sul territorio a lottare, in una opposizione che – assicura - sarà “senza sconti”,  sette eletti della Lega, quattro di Fratelli di Italia ed uno di Forza Italia.

 

di Sonia Modi

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lunedì 14 settembre 2020

PRIMO GIORNO DI SCUOLA IN MEZZO AD UNA PANDEMIA: LA SFIDA DECISIVA PER LA RIPARTENZA DELL’ITALIA


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Firenze, 14 settembre 2020

PRIMO GIORNO DI SCUOLA IN MEZZO AD UNA PANDEMIA: LA SFIDA DECISIVA PER LA RIPARTENZA DELL’ITALIA

 

Le scuole riaprono dopo sei mesi; e così - tra orari scaglionati, gel disinfettante all’ingresso, nastro adesivo in terra per facilitare il distanziamento sociale, mascherine, plexiglas, banchi nuovi e altre controverse e macchinose procedure pensate in queste ultime settimane - i nostri ragazzi oggi sono finalmente tornati nelle loro classi

 
 

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ronti? Via! E così un altro anno scolastico è ripartito. Ma oltre alle consuete aspettative, speranze e preoccupazioni che accompagnano ogni inizio di anno scolastico, questo 2020 porterà inevitabilmente con sé anche incognite, timori ed incertezze collegate alla presenza del Coronavirus.

Dopo sei mesi lontani dai banchi di scuola - tra orari scaglionati, gel disinfettante all’ingresso, nastro adesivo in terra per facilitare il distanziamento sociale, mascherine, plexiglas, banchi nuovi - gli studenti sono finalmente ritornati in classe. Tutti gli istituti scolastici da oggi si sono dovuti confrontare con nuove regole, controverse e macchinose procedure pensate in queste ultime settimane per consentire ai nostri ragazzi di rientrare nelle loro classi e, al contempo, evitare che lo spettro del Covid-19 possa aggirarsi nei corridoi delle scuole.

Credo sia evidente tuttavia che far ripartire la scuola in sicurezza non voglia solo dire garantire il distanziamento fisico (non sempre facile da fare rispettare, specie tra i bambini più piccoli), assicurare le mascherine e il gel igienizzante in tutti gli istituti scolastici (erogazioni comunque non scontate sempre ed ovunque e per tutto l’anno), ma significhi soprattutto impedire che i malati possano accedere ai complessi scolastici. Infatti, compito dello Stato dovrebbe essere quello di impedire l’ingresso nelle scuole dei portatori del Covid-19 ed evitare così che questi soggetti diventino moltiplicatori di infezioni per gli studenti  e per tutto il personale scolastico. Comportamenti sbagliati e regole errate potrebbero accendere dei pericolosissimi focolai e rinvigorire la diffusione del virus.

La riapertura delle scuole in mezzo ad una pandemia è forse la scommessa più grande che lo Stato italiano e gli Stati di tutto il mondo sono chiamati ad affrontare. Noi tutti ci aspettiamo che lo facciano in modo responsabile.

La questione non è di facile soluzione e nessuno ha la ricetta perfetta e, ovunque, si sperimentano le riaperture degli istituti scolastici e, contemporaneamente, si assiste a delle battute di arresto con parziali richiusure.

Va detto però che in Italia la questione della riapertura delle scuole è stata oggetto, fin dall’inizio, di forti critiche. Molti hanno accusato il Governo di aver affrontato l’intera materia come “apprendisti stregoni”, in modo caotico, con pressapochismo ed impreparazione. Tuttavia bisogna riconoscere che questa che stiamo affrontando è una situazione eccezionale, mai verificatasi prima nella storia della Repubblica. Qualche errore, specie all’inizio del contagio, è da mettere in preventivo e dovrebbe essere perdonato.

La scuola non è un’isola in mezzo all’oceano, ma anzi è uno specchio della società e, perciò, ne riflette difficoltà ed aspettative. Per questo credo che il vero problema sia quello dei comportamenti complessivi di tutti noi, anche al di fuori degli ambienti scolastici, soprattutto negli ambienti chiusi dove l’areazione è limitata e gli assembramenti sono più facili da creare.  E se, infatti, in tutti i luoghi di lavoro si studiano e si adottano forme di riaperture regolamentate con regole di condotta improntate a precise indicazioni sanitarie, nelle scuole tutto questo è più complesso da attuare.

I comportamenti dei giovani frequentatori delle aule scolastiche, infatti, sono spesso imprevedibili e potrebbero essere improntati all’imprudenza.  Le modalità di accesso negli istituti scolastici poi, caratterizzate da una forte affluenza in un arco di tempo molto limitato, rappresentano un altro elemento di pericolo. Inoltre, la secolare carenza di strumenti e di personale scolastico, che tuttavia nelle intenzioni ministeriali di quest’anno dovrebbero ricevere un notevole potenziamento, costituisce da sempre un ostacolo al regolare svolgimento della didattica.

Ad ogni modo, tra luci ed ombre, tra aspettative e preoccupazioni, oggi è una giornata importante per tutti gli studenti e le loro famiglie. Come ha ricordato il presidente Sergio Mattarella a Vo’: “l’inaugurazione dell’anno scolastico, mai come in questa occasione, ha il valore e il significato di una ripartenza per l’intera società. Lo avvertono i ragazzi, lo comprendono gli adulti”.

La riapertura delle scuole -oltre a rappresentare indubbiamente un aspetto di aiuto pratico per tutte le famiglie (soprattutto per le mamme) impegnate nelle incombenze lavorative - ha il sapore della ripartenza dell’Italia dopo mesi di sofferenze e sacrifici. Nel cuore di tutti noi la scuola assume un valore simbolico poiché è il posto dove le future generazioni crescono e si responsabilizzano, è il luogo dove il Paese costruisce il suo futuro.  

di Sonia Modi

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giovedì 25 giugno 2020

FIRENZE, 24 GIUGNO 2020: LA FESTA DEL PATRONO AL TEMPO DEL COVID



Firenze, 25 giugno 2020

FIRENZE, 24 GIUGNO 2020: LA FESTA DEL PATRONO AL TEMPO DEL COVID

Una festa del Santo Patrono diversa da tutte le altre precedenti. D’altronde, questo periodo di pandemia mondiale ci ha abituati a festeggiare gli eventi del 2020 in modo inconsueto. Ma Firenze non si è lasciata scoraggiare ed ha celebrato San Giovanni, in un grande abbraccio tra sacro e profano, con tanti eventi culturali, occasioni di solidarietà nei confronti dei sanitari e, soprattutto, grande voglia di ripresa



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 osì dopo il 25 aprile, il 1° maggio e il 2 giugno, i fiorentini hanno trascorso anche la festa del Patrono in modo insolito. E se questo San Giovanni è trascorso senza i tradizionali “fochi” e la consueta finale del Calcio Storico, quella di ieri è stata comunque una festa piena di cultura e solidarietà, giochi di luci e soprattutto tanto divertimento.
 
La mattina è iniziata con la possibilità di partecipare a tanti eventi culturali. Alcuni dei più noti musei, come la Basilica di Santa Croce, il museo di Palazzo Vecchio, il Museo Bardini e l’Accademia di Firenze hanno festeggiato il Patrono con i fiorentini, prevedendo ingressi gratuiti.
 
Si è proseguito poi alle ore 18:00 con il tributo dato dal Calcio Storico attraverso le storiche quattro squadre, cioè quelle dei Bianchi, dei Rossi, dei Verdi e degli Azzurri. Tutti i calcianti, schierati e opportunamente distanziati in piazza Santa Croce, hanno ringraziato gli operatori sanitari per il prezioso compito di aver fronteggiato il Coronavirus. Il Corteo Storico della Repubblica Fiorentina invece ha omaggiato i volontari della Protezione Civile del Comune di Firenze anch’essi impegnati contro il Covid. Dunque, la città e i fiorentini hanno deciso di celebrare la  festa del Patrono post lockdown esprimendo solidarietà nei confronti di tutti coloro che, in questi mesi, si sono battuti in prima linea per combattere questo inaspettato nemico.
 
 Alle 21.00 poi è stato possibile partecipare all’appuntamento su Rai Premium con “La Notte di San Giovanni” che ha unito idealmente le tre città che festeggiano San Giovanni come Santo Patrono, cioè oltre alla nostra città, Genova e Torino.
 
Infine a colorare la notte del 24 giugno ci sono stati tanti giochi di luci che hanno illuminato le porte storiche della città (Porta San Gallo, Porta alla Croce, Torre di San Niccolò, Porta Romana, Porta al Prato e Porta San Frediano) e edifici storici densi di significato come  l’Istituto degli Innocenti, la Basilica di San Miniato e la Cupola brunelleschiana di Santa Maria del Fiore.
 
Il 2020 ci ha costretti a fermarci e a rallentare le nostre vite frenetiche, a riflettere sui valori delle nostre precarie esistenze, ci ha portati a sperare che, al più presto, tutto questo possa essere solo un brutto ricordo e, soprattutto, a ringraziare tutti coloro che non si sono potuti fermare perché costantemente impegnati a difendere la nostra salute e le nostre vite.
 
Non vi è dubbio che quella di ieri sia stata una festa inconsueta. D’altronde, questo periodo di pandemia mondiale ci ha abituati a festeggiare gli eventi del 2020 in modo diverso dal solito, distanti fisicamente ma uniti nella voglia di celebrare. E così Firenze, in un grande abbraccio tra sacro e profano, senza il tradizionale spettacolo pirotecnico e la finale dello spettacolare Calcio Storico, non si è lasciata scoraggiare ed ha comunque trovato il modo di festeggiare il suo Santo Patrono con tanti eventi culturali, calorosa solidarietà nei confronti di tutti coloro che quotidianamente combattono il nuovo virus e, soprattutto, grande voglia di ripresa.

di Sonia Modi
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