sabato 11 settembre 2021

11 SETTEMBRE 2001, UNA FERITA NELLA STORIA DELLA INTERA UMANITÀ



 

Firenze, 11 settembre 2021

 

Articolo pubblicato su:

https://www.linkiesta.it/author/sonia-modi/

https://www.linkiesta.it/blog/2021/09/11-settembre-2001-una-ferita-nella-storia-della-intera-umanita/

 

11 settembre 2001, una ferita nella storia della intera umanità

 

A vent’anni di distanza il mondo si ferma a ricordare quel giorno che cambiò il corso della Storia e che segnò la vita di tutti noi


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ono poche le date che segnano uno spartiacque tra un prima e un dopo e che creano una frattura nella storia della intera umanità; sono però pochissime quelle date che restano impresse nella nostra memoria in maniera così vivida al punto di ricordare cosa esattamente stavamo facendo in quel giorno, in quel determinato momento. L’11 settembre 2001 è una di queste date. 

A New York, quella giornata inizia come qualsiasi altra giornata; un martedì, un bel martedì soleggiato come tanti altri. Non fa eccezione la trafficatissima Manahttan, forse ancora un po’ sonnacchiosa alle prime ore della mattina, ma già pronta a decollare come sempre.

Ore 8:46: il risveglio, quello vero. Un improvviso schianto, proveniente dalla Torre Nord del World Trade Center, crea il panico; poco dopo, alle ore 9:03, un secondo terribile schianto, forse ancora più violento del primo, questa volta abbattutosi sulla Torre Sud, travolge la Grande Mela.

Queste due esplosioni assordanti non sono altro che due aerei di linea abbattuti sulle due Torri Gemelle. Due grossi Boeing, presi d’assalto da un pugno di terroristi e da questi lanciati contro le Twin Towers, uno dei principali simboli della città di New York, simbolo a sua volta del mondo occidentale. Alla fine gli aerei dirottati risulteranno quattro, diciannove i terroristi che hanno partecipato agli attentati e quasi tremila le vittime.

Quel giorno venne vissuto in diretta mondiale. Il dramma che cambiò irreversibilmente la vita di migliaia di persone, uscite frettolosamente da casa per andare a lavoro ma che non fecero mai più ritorno - madri, padri, figli, amici e colleghi strappati per sempre alle loro vite e ai loro cari - fu condiviso in diretta mondiale come un enorme dramma collettivo. Gli attentati terroristici dell’11 settembre non furono solo una vicenda destinata ad impattare prepotentemente sulle vite dei parenti e dei conoscenti delle tremila famiglie coinvolte dai crolli degli edifici, ma coinvolse irreversibilmente anche le vite di noi tutti, contemporaneamente e globalmente uniti dalle ininterrotte dirette televisive. E mentre le Twin Towers  implodevano, il terrore si diffuse ad ogni latitudine e, all’improvviso, da quel momento nessuno, su questo pianeta, si sentì più al sicuro.

Quel giorno segnò una svolta nella Storia. Fu una forte sberla che fece immediatamente capire che si era entrati nel  III° millennio e che era tramontata l’illusione di un mondo finalmente pacificato  a seguito della fine della “Guerra Fredda” e della scomparsa dell’angosciante spettro di un conflitto nucleare.

Se l’epoca della contrapposizione ideologica tra USA e URSS, assieme alla corsa sfrenata agli armamenti e ai reganiani scudi spaziali, che ha caratterizzato la seconda metà del secolo precedente si poteva finalmente considerare archiviata, un’altra epoca si apriva, proprio in quel giorno in cui il mondo ne stava  tragicamente percependo i suoi nuovi sanguinosi lineamenti.

L’epoca che quel giorno si inaugurava al mondo intero era quella popolata dal terrorismo islamico di Al Quaeda, organizzazione formata da persone disposte a morire pur di uccidere altre persone, da queste ritenute “infedeli”.

Sia chiaro, non nasce con l’11 settembre il terrorismo islamico, né tantomeno il terrorismo dei kamikaze. L’11 settembre è un monito per il mondo intero, è un colpo mortale laddove nessuno prima aveva solo osato pensare di colpire, è un pugno allo stomaco e al tempo stesso uno sberleffo nei confronti della civiltà occidentale e dello strapotere americano.

Quel giorno si capì che gli equilibri mondiali sarebbero cambiati e che da quel momento ci sarebbero state nuove regole di contrapposizione tra culture diverse.

Dopo quello di New York, di lì a poco, ci saranno altri attacchi terroristici: a Londra e a Madrid, solo per ricordare gli eventi più noti, isolati ed incontrollati attentati suicidi colpiranno il cuore culturale, finanziario e politico dell’occidente.

Da quel giorno il nostro mondo si scoprirà impreparato e vulnerabile davanti a pochi fanatici addestrati nei campi militari del Medio Oriente, uomini e donne che periodicamente si immolano nelle città occidentali ai danni di civili inermi.

E a vent’anni di distanza, nonostante Osama Bin Laden sia ormai morto da un decennio, l’esperienza degli attacchi suicidi nelle capitali europee continua drammaticamente a ripetersi. Bin Laden rimane il padre del terrorismo jihadista, colui che per primo creò una organizzazione paramilitare e che per primo programmò un sistema di attacchi diretti a ferire la nostra civiltà, eppure questo progetto criminale non è finito con lui. Alla sua morte sono sopravvissuti i suoi eredi ed ancora oggi - compresi questi nostri giorni martoriati dalla pandemia - schegge impazzite, appartenenti a una ideologia malata, continuano a uccidere e a diffondere il terrore tra noi.

di Sonia Modi

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mercoledì 3 marzo 2021

TUTTA UN’ALTRA STORIA... SE SOLO QUELLA INTERPRETAZIONE DELL’ANTITRUST EUROPEA NON FOSSE STATA ERRATA



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 Firenze, 3 marzo 2021

 

TUTTA UN’ALTRA STORIA... SE SOLO QUELLA INTERPRETAZIONE DELL’ANTITRUST EUROPEA NON FOSSE STATA ERRATA

 

L’Italia aveva ragione sulla vicenda Tercas. Lo ha sancito - definitivamente - la Corte di Giustizia Europea

 


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i saranno pure voluti sei anni, ma finalmente l’Italia ha ottenuto ragione. E’ del 2 marzo la decisione della Corte di Giustizia Europea che ha ritenuto che l’interpretazione restrittiva della Commissione Europea sull’intervento del Fondo Interbancario nel caso Tercas fu frutto di un “errore di diritto”. Ma se l’interpretazione che a suo tempo dette l’Italia non fosse stata contestata dalle autorità europee, la storia bancaria italiana di questi ultimi anni sarebbe stata profondamente diversa.

L’intera vicenda è complessa e richiede particolari competenze tecniche, tuttavia proviamo sinteticamente a ricostruirla. Facciamo un passo indietro e torniamo al 2014, a quando il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (FITD) tentò, sostenendo la Popolare di Bari, il salvataggio delle Casse di Teramo (Tercas) all’epoca in forte crisi.

L’anno seguente però l’Antitrust Europea dichiarò illegittimo quell’intervento, censurandolo come aiuto di Stato, e ordinò il tempestivo recupero delle somme erogate. Il Fondo si adeguò ma il nostro Paese, ritenendo questa ricostruzione europea illegittima, ricorse al Tribunale Europeo. La decisione a noi favorevole giunse però solo nel 2019. Oggi poi è arrivata anche un’altra pronuncia che dà ragione all’Italia, quella della Corte di Giustizia Europea, con ciò chiudendo l’intera vicenda Tercas.

Ma perché questa pronuncia è così esplosiva e, soprattutto, cosa c’entra questo caso specifico con il governo Renzi e con la questione della crisi di Banca Etruria, Banca Marche, CariChieti e CariFerrara?

Se ora sappiamo che quel diktat europeo era sbagliato, quando nel novembre 2015 il governo Renzi si trovò ad affrontare la difficile crisi delle quattro banche, la pronuncia della Corte di Giustizia Europea non era ancora uscita e l’unica linea interpretativa da seguire era quella dell’Antitrust Europea.

E fu proprio quella interpretazione che impedì di sostenere economicamente le quattro banche. Il mancato aiuto provocò la risoluzione degli Istituti, con tutto ciò che ne seguì: azzeramento delle azioni e delle obbligazioni subordinate e, sopratutto, anni di sofferenze per i risparmiatori di quelle banche. Poi, a catena, ci furono ricadute negative sui crediti detenuti da tutte le banche. Tutto ciò contribuì a deprimere ulteriormente i patrimoni degli istituti bancari e la loro capacità di erogare credito, con forte impatto sui privati e sull’economia del nostro Paese.

Senza considerare poi che gli istituti italiani pagarono, attraverso il fondo di risoluzione, circa 4,7 miliardi di euro per la ricapitalizzazione delle banche; si calcola invece che l’esborso sarebbe stato notevolmente inferiore se  l’intervento del Fondo Interbancario fosse stato autorizzato tempestivamente.

Per aiutare i risparmiatori che avevano visto nell’arco di una notte azzerati i sacrifici di una vita, il governo Renzi istituì il “Fondo di solidarietà”. Questo fondo - che tra l’altro rimborsò solo una parte degli stessi, scontentando tutti gli altri - costò ai contribuenti circa 200 milioni di euro.

Ma tutta questa vicenda ebbe anche un importante risvolto politico: gran parte della fama negativa che si è creata attorno al governo Renzi ebbe inizio proprio da questa vicenda, dagli intrecci tra Maria Elena Boschi e Banca Etruria e dalle note vicissitudini giudiziarie del padre della leader di Italia Viva, all’epoca vicepresidente di Banca Etruria.

Renzi finì per passare come il responsabile di tutte le disgrazie che si son abbattute sui risparmiatori delle quattro banche, con i quali tutti gli italiani immediatamente si immedesimarono. Di lì a poco la fulminea, vertiginosa ed incontrastata ascesa di Matteo Renzi si arrestò senza più riprendersi veramente.

La vicenda si intreccia anche con un altro aspetto politicamente delicato: il ruolo di vertice dell’Antitrust - allora come adesso – è ricoperto da Margrethe Vestager, commissario che nel corso di questi anni ha prodotto altre decisioni bocciate a loro volta dalla Corte di Giustizia Europea. A breve dovremo incontrarla anche per un’altra delicatissima questione, quella del “dossier Alitalia”.

Della vicenda Tercas, possiamo starne certi, ne sentiremo parlare a lungo. Ci saranno sicuramente dei risvolti giudiziari, probabilmente molto importanti e ricchi di conseguenze. Nei prossimi giorni si delineeranno e si capiranno le responsabilità di Bruxelles. Gli avvocati riusciranno a farci comprendere chi dovrà concretamente pagare gli ingenti danni causati da questa errata decisione. Ma questo è un altro capitolo, tutto ancora da scrivere.

Adesso sappiamo che il Fondo Interbancario sarebbe potuto intervenire per aiutare queste banche; col sostegno del Fondo, questi istituti di credito non sarebbero stati assoggettati alla procedura di risoluzione e i risparmiatori non avrebbero visto azzerati i propri investimenti e, forse, la sorte del governo Renzi sarebbe potuta essere diversa. Tutta un’altra storia, dunque.

 

di Sonia Modi

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martedì 12 gennaio 2021

#SCUOLA: TUTTI IN CLASSE (IN TOSCANA)!



 

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Firenze, 12 gennaio 2021

 

#SCUOLA: TUTTI IN CLASSE (IN TOSCANA)!

Scuola, trasporti e Covid; la Toscana è il grande laboratorio del Paese per testare il rientro “in presenza” dei giovani in classe

 


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e porte delle classi si sono riaperte da ieri per i ragazzi toscani delle scuole secondarie di secondo grado. In controtendenza, quindi, rispetto a quanto accade nelle altre regioni, la Toscana è stata l’unica grande realtà locale che ha deciso di sperimentare il rientro “in presenza” dei giovani studenti delle scuole superiori.

Indubbiamente, la nostra Regione appare il grande laboratorio del Paese e la grande scommessa di tutti coloro che caldeggiano la riapertura delle scuole in tutta Italia.

In Toscana si è pensato di far rientrare in classe, a rotazione, solo il 50% di coloro che frequentano le scuole secondarie, mentre il restante 50%, sempre a periodica rotazione, continuerà a partecipare alle attività didattiche in DaD.

 Proprio per garantire un rientro in sicurezza, sono state messe in atto misure per evitare assembramenti in prossimità degli edifici scolastici e sui mezzi di trasporto pubblici.

Per questo sono stati anche organizzati orari di ingresso e di uscita nelle scuole scaglionati tra le 8.00 e le 10:00 e tra le 12.30 e le 15:00; vi sono poi istituti che hanno previsto turni pomeridiani.

Il trasporto pubblico - sia urbano che extraurbano, ovvero su gomma, su rete tramviaria o rete ferroviaria - è stato potenziato. La Toscana ha messo in campo 329 autobus aggiuntivi; inoltre ha previsto la messa in riserva di 5 mezzi per eventuali criticità e per il rafforzamento delle “linee forti” extraurbane. L’investimento complessivo è stato di 4 milioni di euro.

La Regione ha anche previsto la presenza di tutor che hanno il compito di presidiare le fermate e gestire il flusso degli utenti, soprattutto degli studenti. Per questo sono stati coinvolti oltre 200 operatori al giorno tra polizie municipali e provinciali, steward privati, facilitatori delle aziende di trasporto, volontari e forze dell’ordine.

L’obiettivo toscano è un progressivo ritorno alla normalità attraverso anche il rientro a scuola in sicurezza, nel pieno rispetto delle normative anti-Covid. Per fare ciò è fondamentale monitorare costantemente le condizioni di criticità che dovessero verificarsi. Anche in questa ottica sono stati attivati un numero verde 800.893550 ed un indirizzo e-mail osservatorio.trasporti@cittametropolitana.fi.it ai quale i cittadini potranno segnalare gli eventuali disagi incontrati.

A fianco di un monitoraggio costante è stato previsto anche uno screening per ogni caso di sospetto Covid-19 per stroncare sul nascere la catena del contagio. Infatti, il tampone sarà eseguito subito, o nel più vicino drive through ovvero, nel caso in cui il caso sospetto sia stato registrato fuori dall’ambiente scolastico, al massimo entro un giorno dalla richiesta.

Solo con i prossimi giorni capiremo se le misure messe in atto dalla nostra Regione hanno funzionato e potremo capire se sia giusto insistere perché torni la didattica “in presenza”. Certo è che dopo un intero anno di improvvisazione e di organizzazione didattica improntata alla prudenza e al contenimento dei contagi, la pazienza degli studenti e del personale scolastico – per non parlare delle famiglie – sta volgendo a termine.

Senza considerare che la scuola non è solo didattica, ma è anche socialità. Il rapporto fisico con gli insegnanti e con i compagni rimane essenziale in una fase cruciale come quella dell’adolescenza.

A questo punto non ci resta che attendere la prossima settimana per vedere se la riapertura delle scuole è stata in grado di influenzare, rialzandolo, il numero dei contagi nella nostra Regione e per capire se il “modello Toscana” può essere esteso al resto del Paese.

 

di Sonia Modi

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martedì 29 dicembre 2020

VACCINATION DAYS: L’ATTESA SVOLTA NELLA LOTTA CONTRO IL COVID



 

 

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Firenze, 29 dicembre 2020

 

 VACCINATION DAYS: L’ATTESA SVOLTA NELLA LOTTA CONTRO IL COVID

Dopo un anno martoriato dalla pandemia, alla fine si intravede una luce in fondo al tunnel. E se la strada per sconfiggere il Coronavirus è ancora molto lunga, la speranza è già nei nostri cuori

 

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a campagna di vaccinazione contro il Covid - dopo la consegna dei vaccini per Santo Stefano - è ufficialmente iniziata, in tutti i Paesi dell’Unione Europea, domenica 27 dicembre.

Si sono differenziati solo Ungheria e Slovacchia, che hanno cominciato a vaccinare i propri cittadini a partire dal 26, e la Germania che, sempre nella giornata di sabato, ha vaccinato, come evento simbolico, una nonnina di 101 anni, ospite di una residenza per anziani di Halberstadt (Sassonia-Anhalt). La campagna Vaccination days però è proseguita anche nei giorni del 28 e 29 dicembre.

Se, nella prima giornata simbolica, alcuni Paesi come Spagna, Francia e Austria hanno deciso di iniziare dai soggetti più fragili, vale a dire dagli anziani delle case di riposo, la Repubblica Ceca ha scelto come primo vaccinato il premier Andrej Babis; analogamente anche la Grecia ha ritenuto opportuno che tra i primi vaccinati del Paese ci fossero la presidente della Repubblica Katerina Sakellaropoulou, il premier Kyriakos Mitsotakis e altri politici ellenici.

Diversamente, Malta e la Polonia hanno aperto la campagna vaccinale iniziando da un’infermiera del reparto malattie infettive di un proprio ospedale.

La selezione italiana è caduta sulla professoressa Maria Rosaria Capobianchi, dirigente del laboratorio di Virologia dell’ospedale Lazzaro Spallanzani, tra i primi ricercatori al mondo che isolò il Coronavirus Sars-CoV-2.

Tra coloro che hanno potuto beneficiare del vaccino nel Vax Day c’è stato anche Vincenzo De Luca, presidente della Regione Campania; e subito è scoppiata  la polemica. Non pochi hanno giudicato questa scelta non come un messaggio destinato ad abbattere gli scetticismi e le “convinzioni” dei simpatizzanti dei no-vax, bensì come un abuso di potere, un modo per “saltare la fila” ed accaparrarsi il vaccino riservato, in questa prima fase, agli operatori sanitari, al personale delle residenze sanitarie protette e agli anziani. E’ l’eterna questione sul comportamento che dovrebbe adottare la politica di fronte ad eventi simili: dare il buon esempio o attendere il proprio turno, come i comuni cittadini?

Ma dopo il debutto simbolico di fine 2020, da metà gennaio si partirà con l’ambizioso obiettivo di raggiungere la cosiddetta “immunità di gregge” già a fine estate 2021. E se le prime tranche di farmaci saranno riservate ai medici, agli infermieri, al personale e agli ospiti delle RSA, subito dopo, nei mesi di febbraio e di marzo, le successive forniture saranno destinate alle persone con più di 80 anni.

Da aprile si dovrebbe procedere, in maniera progressiva, alla vaccinazione delle persone meno fragili: si inizierà da coloro che hanno un’età compresa tra i 60 e i 79 anni per proseguire con chi ha almeno due patologie ed infine, con l’inizio dell’estate, si passerà a ritmo incalzante al resto della popolazione. Il direttore dell’AIFA, Nicola Magrini, ha dichiarato che “fra tre mesi gli ospedali saranno Covid-free e le RSA in sicurezza” e che “entro settembre riusciremo a vaccinare il 70% della popolazione”.

Sarà dunque uno sforzo poderoso che metterà in gioco le capacità logistiche di ogni Paese. Una sfida senza precedenti che probabilmente scriverà una pagina nuova ed importante nella storia contro le pandemie.

Resta ancora da capire quanto durerà l’immunità fornita dai singoli vaccini (probabilmente 6 mesi – 1 anno) e quanti saranno coloro che non potranno, per malattie pregresse, essere sottoposti a questa terapia. Anche le persone che non vorranno vaccinarsi rappresentano una pericolosa incognita con la quale dovremo confrontarci; infatti, vale la pena ricordare che, se la vaccinazione in corso è gratuita, rimane comunque su base volontaria.

Di fronte all’elemento certo della presenza del vaccino c’è quindi da opporre l’incertezza data dalla presenza degli scettici (anche tra medici e sanitari). Quante saranno, a conti fatti, le persone che non si vorranno vaccinare? E tra coloro che si dichiarano oggi contrari alla vaccinazione contro il Covid, quanti continueranno a mantenere le proprie perplessità anche nei prossimi mesi?  I timori verso un trattamento innovativo o gli atteggiamenti modaioli alla no-vax resisteranno anche di fronte al miglioramento generale della situazione sanitaria?

E proprio di fronte all’incognita del raggiungimento dell’”immunità di branco” si fanno avanti proposte come quella di rendere la vaccinazione contro il Covid obbligatoria, almeno per i sanitari, oppure quella di far pagare un prezzo per la libertà di non vaccinarsi, vale a dire far sostenere, in caso di ricovero ospedaliero, le proprie spese mediche direttamente al paziente anziché scaricarle sul Servizio Sanitario Nazionale.

Viene poi da chiedersi se sarà concretamente realizzabile la produzione e la distribuzione di tutte le dosi necessarie a vaccinare almeno coloro che lo vorranno.

Tutte queste variabili influenzeranno il raggiungimento del risultato dopo l’estate del prossimo anno. Con molta probabilità però, per garantire la persistente “immunità di gruppo”, la più grande campagna vaccinale della storia si trasformerà in un’operazione routinaria, una vaccinazione che dovrà dunque essere ripetuta ogni anno.

Ad ogni modo, finalmente stiamo iniziando a voltare pagina dopo un lungo anno, affannoso, tormentato e dominato dal Covid. Sono giorni di grande speranza per tutti nel mondo. Tuttavia, con l’arrivo dei vaccini abbiamo fatto solo un primo passo per sconfiggere il Coronavirus; la svolta sarà vaccinare almeno il 70% della popolazione.

La strada verso un ritorno alla normalità, dunque, è ancora lunga e tortuosa, ma con il nuovo anno si sta affacciando la speranza di lasciare alle spalle questa nefasta esperienza. Col 2021 avremo una consapevolezza in più: la guerra contro il Coronavirus può essere vinta.

 

di Sonia Modi

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